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Quel San Francesco inedito che voleva dialogare con l’Islam di Andrea Riccardi

di Redazione online
Credit Foto - Archivio Panini

Francesco d’Assisi è un santo il cui fascino non passa con il tempo. Assisi, dove è custodita la sua tomba, è un luogo simbolico di pace e dialogo anche per credenti di religioni non cristiane. Papa Francesco, assumendo il nome del santo, si è legato in modo particolare alla sua testimonianza di povertà e pace. Eppure è trascorso tanto tempo – quasi otto secoli – da quel 4 ottobre 1226, quando Francesco morì vicino alla chiesetta della Porziuncola ai piedi di Assisi (oggi inglobata nella grande basilica di Santa Maria degli Angeli). In genere il tempo invecchia e rende desueti anche i modelli di santità. Tante figure di santi, anche molto venerati, tramontano con il loro tempo. Francesco invece resta popolare e attraente.

Quale il segreto di questa sua permanenza attraverso i secoli? Sembra strano parlare di “segreto” per una figura così trasparente. Eppure tutto non è semplice anche per un uomo “semplice” come lui. Chiara Mercuri, una valida storica e una narratrice appassionante, ne ricostruisce la vicenda in Francesco d’Assisi, La storia negata, edito da Laterza. Francesco e i suoi primi compagni avevano scelto di vivere da poveri, senza possedere conventi o proprietà, ma anche di stare vicino ai poveri e sulla strada tra la gente. Fu una rivoluzione: la loro fu una scelta religiosa tanto diversa dai monaci, che abitavano separati in abbazie spesso imponenti come castelli. I frati minori avevano una forte comunicatività, usavano l’italiano per spiegare il Vangelo, non dall’alto della cattedra ma in mezzo al popolo.

L’Ordine di Francesco (uomini e donne) crebbe rapidamente, mentre emergevano nuovi problemi: bisognava conservare la condizione di poveri e “minori” nella società oppure adattarsi a forme mitigate facendo giocare ai frati un ruolo nella Chiesa? Questi, specie se sacerdoti e intellettuali, spesso non condividevano l’impostazione di Francesco, considerandola riduttiva rispetto alle potenzialità del movimento francescano.

Alla morte del santo, il dibattito si giocò sulla ricostruzione della sua storia. Divenne decisiva la scrittura della biografia, che diventava un modello per i frati. Gran parte dell’immagine del santo, per vari secoli, è stata legata alla biografia scritta dal ministro generale dell’Ordine, Bonaventura da Bagnoregio, che il capitolo di Parigi del 1266 ufficializzò, imponendo la distruzione degli altri testi precedenti. Bonaventura – secondo Chiara Mercuri – descrive un Francesco angelicato, semplice e ignorante: «Senza una precisa personalità, senza nerbo, come se non avesse una sua forza». In realtà, a partire dal 1219, Francesco aveva manifestato un progetto sull’Ordine diverso dall’orientamento che andava prendendo.

Era più legato alla povertà, assai connesso a Chiara e alle sue compagne. A sorpresa nel 1221 rinunciò alla guida dei frati, senza polemica. Ma diceva: «Se frenare e emendare i vizi non posso, non voglio divenire un carnefice che percuote e flagella come fanno le autorità di questo mondo». Vari aspetti meno conformisti della vita di Francesco sono attestati da fonti risalenti ai compagni più vicini, come frate Leone. Questi decisero di non distruggere i testi non ufficiali, come intimava il capitolo di Parigi, ma li conservarono in segreto. Il lavoro degli storici, lungo il Novecento, ha valorizzato anche tali fonti ricostruendo una figura di Francesco più viva.

Tra l’altro, emerge la sua originale volontà di superare la logica dello scontro tra crociati e truppe musulmane, cercando un contatto diverso con l’Islam. La storia secolare dei francescani, che certo s’ispira a lui, è una vicenda complessa, che risponde anche alle necessità della Chiesa. Così Francesco prima di tutto è una grande figura del cristianesimo: un “giovane ricco” umbro del Duecento che vive e ascolta il Vangelo, avendo come modello Gesù di Nazareth. Nel forte carattere evangelico, – a mio avviso – c’è il segreto di un personaggio che non invecchia. La radicalità nella fede, la vita semplice e vicina ai poveri, la simpatia per tutti e l’attenzione al creato ne fanno una figura eloquente anche oltre le appartenenze confessionali. Oggi, nonostante gli otto secoli passati, si capisce meglio la sua semplice e complessa figura. (Andrea Riccardi - Sette - Corriere della Sera)


Redazione online

Commenti dei lettori

21-01-2017 21:25:01
Alessandro
Veramente io sapevo che S. Francesco voleva convertire i mussulmani e non dialogare...
23-01-2017 11:12:22
Celostato
Rischiò la sua vita per questo: per manifestare la sua buona fede, propose al Saladino di accendere una pira e si offrì per entrarci dentro con chiunque volesse dei suoi capi spirituali. Da lì il sultano avrebbe verificato la sua buona fede. Il sultano offrì ricchi doni, che ovviam Francesco rifiutò

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