'Tutto e' nato da una visita ad Assisi' l'ultima intervista di Jacques Le Goff, il grande storico di francescanesimo
Di San Francesco mi colpì la sua vicenda sociale e spirituale, la povertà e l'amore per il creato accomunano il Santo e Papa Bergoglio
Ho visto per l'ultima volta Jacques Le Goff qualche giorno prima che morisse. Ero andato a trovarlo a casa sua, al quinto piano di un palazzo nella zona nord di Parigi. Nel suo studio tappezzato di libri, davanti alla scrivania sepolta da una montagna di carte - "uno dei miei difetti è il disordine", ripeteva spesso - abbiamo iniziato a parlare di San Francesco e di Papa Bergoglio, confrontando la figura del santo medievale con quella del papa contemporaneo.
Affaticato, ma come sempre lucido e rigoroso, Le Goff mi ha raccontato come era nato il suo interesse per l'autore del Cantico delle creature , a cui ha poi dedicato il saggio San Francesco d'Assisi ( Laterza). E mi ha spiegato la sua curiosità nei confronti del nuovo Papa, nella cui azione vedeva diversi elementi di continuità con il santo. Mentre ascoltavo i suoi ricordi e le sue riflessioni, non immaginavo che una settimana dopo lo storico francese si sarebbe spento in un ospedale parigino. Quella che segue è una parte della nostra ultima conversazione.
Come mai si è occupato di San Francesco?
"È un interesse che coltivo da anni, dalla prima volta che vidi Assisi nel dopoguerra. Ero un giovane storico attratto dall'Italia, un paese in cui ero già stato diverse volte, anche perché la famiglia di mia madre veniva dalla zona d'Imperia".
Cosa la colpì di Assisi?
"Innanzitutto la topografia dei luoghi. Per me il legame tra la storia e la geografia è sempre stato essenziale, e ad Assisi la vicenda sociale e spirituale di Francesco si esprimeva geograficamente. Da un lato, la collina con la città che rappresentava la vita commerciale e politica del tempo. In seguito, la solitudine e la lontananza dell'eremo delle Carceri, simbolo della nuova forma di solitudine monastica proposta dal francescanesimo. Infine, la natura che circonda la chiesa di San Damiano, il luogo della nuova ecologia spirituale di San Francesco. Insomma, di fronte a quei luoghi, mi sembrò di vedere un'incarnazione particolarmente evidente di un movimento storico ".
Qual era il suo rapporto con la religione?
"Ho iniziato a interessarmi al francescanesimo nel momento in mi allontanavo definitivamente dalla religione cattolica. Da giovane avevo ricevuto un'educazione religiosa. Mia madre, secondo la tradizione italiana, era molto cattolica e devota. Mio padre invece era un figlio dell'"affaire Dreyfus", quindi laico e anticlericale. Nonostante tale differenza, i miei genitori furono molto uniti e la religione non fu mai un soggetto di disputa".
La sua formazione è il risultato di queste due tradizioni?
"Sì, anche se durante la giovinezza prevalse l'influenza di mia madre. In seguito però mi sono progressivamente allontanato dalla fede. Quando arrivai ad Assisi, guardai a San Francesco con gli occhi dello storico e non del credente. M'interessavano soprattutto le sue azioni e le sue scelte più che quello che poteva rappresentare sul piano religioso".
Per lei qual è l'aspetto centrale della figura di San Francesco?
"La modernità. Di fronte alla nuova società in mutazione egli individua chiaramente il problema della ricchezza e delle disuguaglianze. Tale consapevolezza lo spinge a prendersi cura della povertà. D'altra parte, se l'attuale papa ha scelto il suo nome per la prima volta nella storia della chiesa, è proprio per via di tale modernità, nel cui solco egli s'inscrive. E se c'è un elemento comune a San Francesco e a Papa Bergoglio, è proprio la lotta contro il denaro e la difesa dei poveri"
Due epoche diverse, ma una stessa preoccupazione?
"Nel XIII secolo, per soddisfare i bisogni dell'economia e in particolare del commercio, l'uso del denaro diventa sempre più importante. Questa evoluzione produce però alcuni eccessi contro cui si batte San Francesco. Anche oggi assistiamo a una revisione degli atteggiamenti nei confronti del denaro, solo che non si tratta più di una reazione a una novità, come nel XIII secolo, ma di una reazione a una crisi, quella che ha travolto l'economia all'inizio del XXI secolo. Papa Francesco è il papa della crisi. Probabilmente una parte dei cardinali che l'hanno eletto hanno visto in lui l'uomo capace di aiutare la Chiesa e la società a superare questa fase del mondo capitalista".
La critica della ricchezza è accompagnata dal bisogno di nuove forme di spiritualità da contrapporre al materialismo figlio del denaro?
"Certamente. Nel XIII secolo ciò è particolarmente evidente. San Francesco predica la necessità del ritorno al Vangelo, al cui interno si trovano le basi per combattere gli eccessi della ricchezza. Basti pensare alla celebre frase: "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli". La spiritualità contemporanea è meno facile da decifrare. Oggi, accanto al fascino del denaro sempre molto forte, si manifesta un sospetto crescente nei confronti della ricchezza e delle sue manifestazioni. Da qui una domanda di spiritualità che però forse non ha più molto a che vedere con la spiritualità cristiana. In ogni caso, la modernità di Papa Francesco, come quella del santo d'Assisi, nasce dalla volontà di lottare contro la materializzazione della società, dello spirito e delle religioni, riprendendo contemporaneamente la tradizione dei Vangeli per rimetterla al centro della riflessione e della pratica del mondo cattolico".
Il Vangelo delle origini in opposizione ai padri della Chiesa?
"In parte è così. Ma va anche segnalato che, contrariamente a tutte le eresie emerse tra il XII e XIII secolo, Francesco è rimasto all'interno della Chiesa perché provava il bisogno dei sacramenti. Proprio perché si tratta di una modernizzazione che è anche un ritorno alle origini, in lui c'è una volontà di rinnovamento senza però rompere con le istituzioni. Come mi sembra stia facendo il nuovo Pontefice".
Quale altro aspetto della modernità di San Francesco le sembra particolarmente importante?
"La tematica dell'ecologia mi sembra che possa parlare in maniera significativa al nostro tempo. L'ecologia implica un bisogno di spiritualità non necessariamente legata a una religione. Può quindi essere condivisa da tutti".
Quali sono le caratteristiche della preoccupazione ecologista di San Francesco?
"Se guardiamo come si esprime il santo d'Assisi e come costruisce il francescanesimo, notiamo che egli prende le distanze dal più grande movimento sociale del suo tempo, vale a dire lo sviluppo delle città. Ad essa San Francesco contrappone la natura e la strada, visto che promuove la predicazione "in via". Inoltre, se c'è un'opera letteraria che possiamo considerare ecologista è proprio Il cantico delle creature . La preoccupazione nei confronti della natura è un tratto importante della sua predicazione, anche se per ora mi sembra che Papa Francesco non lo abbia particolarmente sottolineato. Forse perché è una tematica meno sentita in quel mondo dell'America latina da cui proviene".La Repubblica
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