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Accrocca: Quei sacerdoti dal muso di cane

Le visioni della beghina viennese Agnes Blannbekin

Le inquietudini che funestarono la società medievale attraversarono anche il mondo femminile. Giacomo da Vitry, nel 1216 nominato vescovo di san Giovanni d’Acri da Innocenzo III, quindi cardinale vescovo di Frascati da Gregorio IX, descrisse con toni entusiastici il movimento delle beghine che, dalla fine del dodicesimo secolo, si era diffuso nel ducato di Brabante, in particolar modo nella diocesi di Liegi.

All’inizio tali donne praticavano un tipo di vita semireligiosa, dimorando nelle proprie case; si assistette poi alla nascita di piccole comunità e, in seguito, al formarsi di rag- gruppamenti anche di una certa consistenza.

In alcune città collocate nell’attuale Francia del Nord, nei Paesi Bassi o in Germania, finirono così per svilupparsi grandi beghinaggi con centinaia di donne che vivevano secondo una loro regola (se ne ebbero diverse). In Italia centrale si diffusero soprattutto e remitae, reclusae, i n carcerate, cellane, che a volte risiedevano anche in piccoli gruppi in romitori posti ai margini dei centri abitati, sulle stesse mura cittadine o sui ponti, senza voti pubblici né regola. Donne bruciate sul rogo o finite sugli altari, che hanno donato all’umanità opere straordinarie, quali lo Specchio delle anime semplici di Margherita Porete, il Memoriale di Angela da Foligno, i testi in prosa e poesia di Hadewijch da Anversa.

In tempi tutto sommato recenti è uscita definitivamente dal silenzio anche la viennese Agnes Blannbekin, contemporanea di Angela da Foligno e come lei legata ai frati Minori, di cui ora Luciano Bertazzo, inaugurando una nuova Collana delle Edizioni Biblioteca Francescana, pre- senta in traduzione italiana la Vita e le Revelationes, opera redatta da un certo Ermenrico, che con buona probabilità non fu solo scriptor, cioè depositario delle esperienze interiori della donna, ma forse anche suo confessore e direttore di spirito (Un mistico vedere. Vita et Revelationes della beghina viennese Agnes Blannbekin [† 1315] [ Fabula mystica, 1], Milano, 2021, pa- gine LXV-174, euro 28).

All’Introduzione di Bertazzo si affianca il saggio di Marzia Ceschia (Libere nello spirito), il quale presenta una lettura comparata delle esperienze di Agnes e Angela da Foligno. Tra le due donne, infatti, si os- servano innegabili punti di contatto: l’una contemporanea dell’altra (la folignate morì nel 1309, solo qualche anno prima di Agnes) oltre a manifestare entrambe una particolare attenzione all’umanità di Cristo e in special modo alla sua passione, furono non solo legate ai frati Minori, ma consegnarono ambedue a un sacerdote le loro esperienze interiori che questi si preoccupò di fissare per iscritto.

La loro fu quindi una singolare pagina della mistica femminile — condivido l’affermazione di Ceschia — «in cui il filtro maschile non pare esercitato in un’ottica di controllo ma, piuttosto, di devoto servizio a una comunicazione di cui è riconosciuta la straordinarietà». Permangono però delle differenze, poiché se la beghina viennese si rivela attenta al vissuto ecclesiale — in special modo dei religiosi e dei sacerdoti, dei quali non esita a rivelare luci ed ombre — Angela sembra invece inabissarsi nel mistero di Dio Amore, portando nel mondo la «triplice compagnia» che lo stesso Cristo assunse nel tem- po della sua dimora tra gli uomini, cioè dolore, disprezzo e p overtà.

Agnes, donna di notevole cultura (distante, in tal senso, da Angela) si mostra sensibile alla vita dei frati: piange per un giovane religioso che si era lasciato sedurre dal demonio finendo così «con il toccare e possedere denaro [che è cosa] contraria alla purezza della sua Regola». Non tralascia di riferire una parola accusatrice rivolta «non a tutti i frati, ma a quelli rilassati, che pur mantenendo le osservanze dell’Ordine, in quanto obbligati, ciononostante mancano e rinnegano con i loro giochetti e imbrogli quella grazia che il Signore sarebbe pronto a offrire loro se essi la richiedessero con devozione».

E riprova «le occupazioni esteriori e gli affari del secolo» nei quali molti di loro restavano avvolti, dando anche «soddisfazione ai desideri della gola». Agnes si mostra altresì dispiaciuta per le esagerazioni di un frate che, predicando su san Francesco, l’aveva presentato «con una ostentazione eccessiva». Quasi tutti elementi che, a ben vedere, parrebbero avvicinarla a quella parte di frati critici con l’evoluzione subita dalla fraternitas francescana e che aveva finito per assimilarla ai grandi Ordini tradizionali. Non è meno attenta né meno severa nei confronti dei sacerdoti: bacchetta infatti quei prelati che «hanno eccessivo rigore nel governare, offendendo così i loro sudditi».

E quei sacerdoti che infliggono ingiurie e violenze «con lo scomunicare [i fedeli] e privandoli dei sacramenti». Straordinaria è poi la visione sui cinque generi di confessori, che riferisco integralmente: «Quelli che hanno le teste e i musi di porco e sono sporchi di fango sono i confessori che ascoltano le confessioni per lucro e guadagno materiale. Quelli che hanno le teste di cane sono i confessori che ascoltano le confessioni per [avere] lode e per vana gloria e favore; pur essendo sporchi, mondano e sanano con la loro lingua le ferite degli altri.

Quelli che hanno forma satanica sono apostati e alcuni a tal punto scellerati che Dio, per riguardo a te, non vuole che tu nemmeno li conosca. Quelli che hanno volto umano spruzzato di sangue, sono i confessori che costringono, in modo violento, gli uomini a confidare i peccati che non hanno e interrogano sui peccati carnali per il loro proprio piacere; e si macchiano da se stessi. Quelli che hanno i volti umani luminosi sono i confessori che in modo puro, per amore di Dio e la salute delle anime ascoltano le confessioni».

Vita et Revelationes di Agnes Blannbekin è un testo davvero straordinario: siamo perciò grati a Luciano Bertazzo per averlo fatto conoscere a un pubblico più vasto. (Osservatore ROmano)

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