Angela mistica "normale". Nuova luce sull'insegnamento della Santa vissuta nella Foligno del Duecento
Figlia del popolo, Angela non è una santa popolare. Non ha nessuna delle caratteristiche che normalmente ci si aspetta da un santo
Pubblichiamo l’intervento che ha concluso la giornata culturale angelana del 12 novembre scorso. Durante il convegno, che si è svolto presso il convento di San Francesco a Foligno, è stato presentato anche il volume Liber Lelle, il libro di Angela da Foligno nel testo del codice di Assisi, II, Glossario, concordanze, sinossi (Firenze, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini, 2016, pagine XLVI-326, euro 58) curato da monsignor Fortunato Frezza.
Nel mese di novembre di tre anni fa, papa Francesco elevava all’onore degli altari la beata Angela da Foligno. Benché attesa da molti, la scelta di canonizzare la mistica umbra è stato un segnale forte, tale da rappresentare una autentica svolta nella storia della santità cristiana.
Figlia del popolo, Angela non è una santa popolare. Non ha nessuna delle caratteristiche che normalmente ci si aspetta da un santo. Non ha compiuto imprese straordinarie, non ha fondato un ordine, non le sono stati attribuiti grandi miracoli. A differenza di altre celebri profetesse e carismatiche della fine del Medioevo, come Brigida di Svezia e Caterina da Siena, non ha esercitato un ruolo politico di rilievo nella storia della Chiesa. Poche anche le notizie sulla sua vita. Appartenente a una famiglia agiata, dopo la morte del marito e dei figli Angela vendette tutti i suoi beni per donare il ricavato ai poveri. Nel 1291 indossò l’abito della penitenza di san Francesco per vivere come una eremita di città, morta al mondo, ma non rinchiusa del tutto, diversamente da altre cellane antiche che avevano fatto dell’eremo, letteralmente, il proprio sepolcro.
Come si usava a quel tempo, compì infatti dei pellegrinaggi per lucrare le indulgenze a Roma e ad Assisi, ma fu anche in un lebbrosario nei pressi di Spello, a servire e portare conforto ai malati e ai poveri. Nel 1309 morì e fu sepolta nella chiesa di San Francesco di Foligno. Questo è tutto quello che sappiamo di lei, troppo poco per ricostituire una biografia in senso moderno. Angela resta come rinchiusa nel suo segreto, è tutta nella esperienza del divino che ha consegnato al suo libro. Ma questo scritto stupefacente basta a fare di lei la “madre santissima”, la maestra “di angelica vita” amata e ammirata da Ubertino da Casale, per Claudio Leonardi la prima e forse la più grande mistica italiana di ogni tempo.
La chiesa di San Francesco è stata chiusa a causa dei recenti eventi sismici che hanno lambito anche la città di Foligno, ma i frati conventuali, con un gesto significativo di continuità e di speranza, non hanno voluto cancellare l’appuntamento annuale della giornata di studi intitolata ad Angela, che si è regolarmente svolta sabato 12 novembre. L’incontro è stato anche l’occasione per annunciare la pubblicazione del nuovo libro di Fortunato Frezza, apparso nella Collana della mistica cristiana della Fondazione Ezio Franceschini di Firenze. Si tratta del glossario, concordanze, sinossi del Liber Lelle, che completa un progetto editoriale inaugurato dallo stesso autore nel 2012 con la trascrizione e traduzione del testo angelano secondo il codice di Assisi, il più antico e autorevole testimone della tradizione manoscritta, redatto quando la santa era ancora in vita e conservato, come una reliquia, nella Biblioteca del Sacro Convento di Assisi.
La genesi di questo libro è singolare, anche se in linea con i sentieri, a volte segreti e imprevisti, della mistica. Gli abituali interessi di ricerca di monsignor Frezza, canonico della Basilica papale di San Pietro, dottore in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico di Roma, erano infatti piuttosto distanti dalla letteratura latina medievale. L’incontro con questa “evangelista” del Duecento venne propiziato da monsignor Mario Sensi, cui egli era legato da una profonda e fedele amicizia. Era stato don Mario a introdurlo nel suo mondo, quello cui aveva dedicato la sua intera vita di studioso, l’universo seducente e rischioso di quei penitenti, santi e folli di Dio, che tra Due e Trecento brulicavano per le strade e i paesi dell’Umbria, come Pietruccio Crisci e la beata Angela, eroina incognita che solo il suo Liber avrebbe strappato all’anonimato, se non all’alone di mistero che da sempre la circonda.
All’inizio don Fortunato lo prese in mano soltanto per passione agiografica e devota, poi ne restò affascinato, al punto che decise di applicare al testo angelano il metodo delle Concordanze bibliche, già felicemente sperimentato per altre fonti importanti della tradizione francescana. Entrare nelle pieghe più profonde del testo: questo il programma di una ricerca durata anni, per poter attingere le «voci proprie della lingua mistica, della terminologia estatica, del soliloquio ascetico, della contemplazione pura, dell’astrazione assoluta, del rapimento teologale, della cristomimesi e della christiformitas, del desiderio e dello spasimo, del deliquio amoroso e dell’amore incognito, della tenebra e della visione, dell’imperioso domandare dell’intelligenza, dell’indicibile e dell’ineffabile, del fuoco e della febbre, della spoliazione e dell’altissima povertà, della inesausta pienezza, dell’abbandono in Dio e dell’abbandono di Dio, della reciproca interiorità teandrica, in Colui che è il Tutto del Bene».
Il corpus di testi trasmessi dal codice di Assisi presenta problemi molto complessi, sia per le circostanze eccezionali della sua scrittura che per la struttura composita. Una prima, fondamentale cesura riguarda l’articolazione in due sezioni, sostanzialmente autonome. La prima è costituita dal Memoriale, resoconto dell’esperienza spirituale di Angela, autobiografia interiore da lei narrata al confessore, il misterioso frate A., la seconda presenta un folto gruppo di testi indicati come Exhortationes o Instructiones, lettere, ammonizioni, insegnamenti, riconducibili alla magistra e al gruppo dei suoi discepoli. Quello di Angela è dunque un libro oscuro e difficile, “moderno”, nella sua problematica incompiutezza. Esso forza, portandole al limite estremo, alcune situazioni tipiche dei testi mistici tardomedievali: una struttura narrativa composita e una formalità letteraria difficilmente classificabile, una autorialità plurima, incerta e disseminata, una continua interferenza tra oralità e scrittura, esito della dialettica tra l’estatica e il frater scriptor.
Il contributo di monsignor Fortunato Frezza offre adesso uno strumento essenziale alla ermeneutica del libro angelano, di cui gli studiosi non potranno non tenere conto. D’altra parte, gli interventi che si sono susseguiti nel convegno folignate hanno sottolineato i molti problemi ancora aperti. Quale tipo di insegnamento trasmette il memoriale? A chi si rivolge? Chi sono i legitimi filii degni di avere accesso alla esperienza di Dio?
Sono state queste le domande poste da Alvaro Cacciotti, secondo cui la catechesi di Angela decostruisce dall’interno le leggi di un manuale organizzato e progressivo di vita spirituale, ricusando anzi come forma di “appropriazione” anche tutto ciò che è considerato un bene e un valore.
Un insegnamento che segna un punto di rottura rispetto a una linea “merito cratica”, che vede nella pienezza della contemplazione il premio dell’umano sforzo, l’esito quasi scontato di una vita virtuosa, tutta spesa nella ricerca di Dio. Ma si tratta, fondamentalmente, di una illusione, ché l’orizzonte di felicità dischiuso dalla esperienza unitiva non è attingibile per virtù propria, ma per grazia divina, per un dono insondabile dell’Altro .
Sul grande motivo dell’amor puro si è soffermato Emore Paoli, che lo ha riletto anche alla luce di una ricca tradizione teologica e culturale. È questo un nodo centrale del memoriale: giunta al culmine della propria ricerca, Angela chiude in una perfetta circolarità il suo itinerario quando afferma che dire «voglio Dio» in maniera attiva significa mettersi in relazione con lui mendaciter, perché il puro volere viene concesso solo per gratiam.
Il tema della relazione trasformante tra Dio e l’anima è stato finemente analizzato da suor Mary Melone: in Angela la vita di intima unione con Dio non assorbe, ma potenzia le facoltà della persona. Così, nelle Instructiones viene denunciata in maniera ancora più esplicita la separazione tra il puro amore e i processi della conoscenza e dell’azione, tra l’ispirazione interiore e l’esempio della vita e delle buone opere, quale verrà spesso proclamata nella lunga storia della mistica ancora prima di condensarsi definitivamente nella formula “quietista”.
In questo gruppo di testi, il linguaggio cambia completamente rispetto alla autobiografia, perché, come ha sottolineato Massimo Vedova, essi rappresentano un primo tentativo di riflessione sulla esperienza narrata nel Memoriale. In mancanza di un’edizione critica, la questione testuale e storiografica del corpus di scritti compresi sotto la impropria denominazione di Instructiones è ancora irrisolta, sia per quanto riguarda la paternità dei testi e il loro composito statuto letterario che il loro rapporto con l’autobiografia spirituale. Si verifica uno spostamento, in cui è stata letta anche l’esigenza, se non di una rettifica, di una precisazione del messaggio, una parafrasi elaborata in ambienti francescani per contenere le “arditezze” della dottrina angelana e accreditarla.
Anche per questo motivo, forse, le Instructiones hanno attirato in misura minore l’attenzione della critica, rispetto alla sconvolgente novità del linguaggio del memoriale. Ma forse, più che di una spaccatura, si dovrebbe fare riferimento a un doppio livello della scrittura nell’adozione di un punto di vista diverso. Vedova ha infatti valorizzato la complementarietà tra le due parti del Liber: tornata nel mondo, Angela parla ormai come una maestra che si rivolge al gruppo di discepoli e devoti che si sono messi alla sua divina scuola, e la sua testimonianza assume anche un forte spessore ecclesiale.
Per questo, nell’aprire i lavori del convegno, il vescovo di Foligno, monsignor Gualtiero Sigismondi, ha potuto affermare che Angela è una santa «da ammirare, da imitare, ma anche da studiare».
Da L’Osservatore Romano, sabato 3 dicembre 2016, p. 5.
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