Benedetto e Francesco, due Regole a confronto
L'Ordine benedettino fugge il mondo per trovare Dio, quello francescano esce nelle strade
Quando lo Spirito parla, i santi lo seguono perchè loro ascoltano, meditano e - di conseguenza - agiscono secondo il suo volere. E’ la consuetudine dei santi, potremmo dire. Il fondare un ordine religioso non è impresa facile, certamente. E nessun santo fondatore, credo, ha mai pensato che nella sua vita avrebbe fatto capolino un’idea del genere. Ma le vie del Signore - come si suol dire - non sono sempre le nostre vie, e questo vale anche per i santi. Anzi, soprattutto per i santi. La grande stagione culturale, economica e spirituale della Chiesa (dal 500 in poi) ha visto sorgere due importanti ordini religiosi legati inesorabilmente ai propri fondatori: stiamo parlando dell’Ordine benedettino (legato al nome di San Benedetto da Norcia) e quello francescano (e anche in questo caso, troviamo un nome all’apice di tutto, quello di San Francesco d’Assisi). Lo Spirito Santo ha aleggiato fortemente sopra i due santi. E, a noi, fa piacere intraprendere una sorta di “gioco” che gioco non è, però: mettiamo a confronto le due Regole, cerchiamo di comprendere analogie e differenze. Tutto ciò è importante perchè entrambe hanno influenzato profondamente la vita della Chiesa, non solo per l’aspetto spirituale ma anche economico-sociale-culturale.
Bisogna precisare che ogni sorta di contrapposizione come d’altronde di parallelismo sarebbe alquanto ingiusto sia storicamente che spiritualmente: le due Regole nascono, prima di tutto, in contesti differenti. D'altronde, è il tempo a differenziarle: ben settecento anni le dividono: 530 quella di San Benedetto, 1223 quella di San Francesco d’Assisi. Dunque, Benedetto scrive in un periodo di chiusura sociale, e - soprattutto - in un periodo di forti contrasti e di dissoluzione di un sistema, quello dell’Impero Romano d’Occidente che presagisce poi la costituzione di un’Unione Europea delle nazioni, attraverso proprio il sapere benedettino. Il monastero, in questo contesto, assurge a fortezza, punto di unione davanti a tutto il caos prodotto dalla dissoluzione dell’impero. Francesco, invece, scrive in un mondo che si sta riaprendo ai viaggi, agli scambi e ai commerci. Un mondo “più libero”, diciamo. Una visione più ampia e soprattutto più “nel mondo”.
A ragione di questi contesti diversi, è inevitabile che ci siano “divergenze” di prospettiva fra loro. E chi ama essere “di Febo o Apollo” (come direbbe San Paolo) - alimentando inutili contrapposizioni - si sbaglia di grosso. L’unicità delle due regole, anche se potrebbe sembrare scontata, è: il cammino di perfezione verso Dio, unica meta e fonte di San Benedetto e San Francesco. Se il primo fugge il mondo per ritrovare Dio, il secondo si mette in strada per riportarvelo: il carisma dell’uscita è fondamentale per l’Ordine francescano. Anche per quanto concerne il tema della fraternità, troviamo diverse concezioni: il santo di Norcia prevalentemente si rivolge a un «tu», a un «voi» della comunità. Francesco utilizza un “corporativo” «noi», chiaro simbolo di fraternità vera e profonda - certo non facile - che trova nell’espressione di quel “noi” un’unità profonda, composta dalle diversità-unicità di ogni frate.
C’è un elemento che più di tutti esprime una differenza fra le due Regole. Se nella Regola benedettina è ben evidente una certa ferrea visione della vita comunitaria (e abbiamo compreso che difficilmente avrebbe potuto essere diversamente, visto il contesto storico in cui è nata), la regola di San Francesco - nuova per tempo, nuova per carisma - non si preoccupa di stabilire, decidere, o proibire questo o quello, ma lascia la libertà a ciascun frate di vivere i dettami proposti. Francesco impartisce alcune indicazioni di fondo, delle linee generali, ma lascia ai frati l’esercizio responsabile e comune di tali indicazioni: è la creatività francescana.
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