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Cinquant'anni di gioia francescana

La gratitudine di padre Luigi Faraglia, che in questo mese festeggia il suo giubileo sacerdotale

«Con voi ringrazio il Signore per 50 anni di sacerdozio, vissuto nel carisma francescano e nei luoghi delle origini. Ordinato nel 1970, ho svolto la formazione ad Assisi, nella valle spoletana, per poi passare 25 anni a Terni, nel territorio dei protomartiri minoritici, e quindi in Romagna, dove sant’Antonio si è manifestato come servitore della Parola. Oggi, per grazia ancora, nella valle di Rieti, luogo della prima missione di san Francesco. Laudato sii mi’ Signore».

Così scrive padre Luigi Faraglia nel ricordino per il suo giubileo sacerdotale, che cade in questo mese di agosto «in cui si celebra la Pasqua di Maria, assunta nella gloria di Dio, il Perdono di Assisi, la testimonianza di san Massimiliano Kolbe». Elementi che ricorrono nelle diverse celebrazioni con cui il francescano conventuale nativo di Lisciano – per vari anni parroco del Terminillo, poi transitato fra l’Umbria e la riviera romagnola, da qualche anno tornato nella sua terra natìa per comporre la fraternità francescana interobbedenziale di stanza a Palazzo San Rufo – festeggia il suo mezzo secolo dall’ordinazione presbiterale.

Se il primo agosto, giorno effettivo del 50° anniversario, ha festeggiato coi parenti stretti alla Foresta e l’indomani coi terziari francescani a Cittaducale, altri appuntamenti li ha in questi giorni attorno alla festa dell’Assunzione della Vergine, con una “compagnia” speciale: una reliquia di san Maximilian Kolbe. Il santo frate gloria del suo stesso ordine religioso, morto “martire della carità” ad Auschwitz proprio alla vigilia dell’Assunta, è infatti strettamente legato all’origine della sua vocazione francescana: il noviziato tra i Minori Conventuali, infatti, il giovane Luigi lo svolse al Sacro Convento di Assisi, dove nel chiostro padre Kolbe aveva realizzato una grotta della Madonna di Lourdes.

La figura del francescano polacco grande apostolo dell’Immacolata e vittima del nazismo lo aveva affascinato sin dall’inizio e ha sempre accompagnato il suo itinerario religioso e sacerdotale. In questi giorni “giubilari” fra Luigi porta con sé un particolare reliquiario, contente una ciocca di capelli del martire. «La reliquia di san Maximilian Kolbe è profezia realizzata del detto evangelico neppure un capello del vostro capo andrà perduto. Noi conventuali, grati di aver avuto come formatore il santo frate, conserviamo in questo reliquiario un ciuffo dei suoi capelli. Mentre il suo corpo veniva cremato e la polvere gettata nel fiume, il 14 agosto 1941, Maria come tenera Madre l’accoglieva nella casa del Padre».

Nei giorni scorsi è stata venerata da suore e anziane ospiti della casa di riposo Santa Lucia, reduce della triste esperienza del Covid, e il 14, memoria liturgica del santo, un altro appuntamento al santuario della Foresta, alla presenza del vescovo e delle religiose della diocesi, attorno alla venerata reliquia. Domenica 16, invece, padre Faraglia celebra la Messa vespertina al Terminillo, in quel templum pacis dedicato al Poverello d’Assisi di cui, tra gli anni Ottanta e Novanta, svolse il ministero sacerdotale, ereditando da padre Riziero Lanfaloni – che ne era stato l’artefice – la custodia del santuario montano.

Altre celebrazioni sono in programma il 22 al suo paese natale, Lisciano, l’indomani a Vazia; a seguire quelle in altri luoghi fuori Rieti.

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