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Con i Cappuccini, tra le antiche mummie di Comiso

Credits Ansa

Nel 1616 i padri Cappuccini di Comiso, in provincia di Ragusa, edificarono una chiesa dall’aspetto apparentemente semplice ed austero e la intitolarono a “Maria della Grazia”. Si tratta di una chiesetta a navata unica, situata nei pressi dell’ospedale vecchio.

Questa piccola e graziosa chiesetta dall'aspetto apparentemente semplice, scrive il portale Ragusa News, è in realtà uno scrigno d'arte e rappresenta un unicum nella Sicilia orientale. All’interno della sua cripta, sono conservate ed esposte alcune mummie di frati cappuccini e benefattori.

Sono, in tutto, circa 50 mummie rinascimentali quasi tutte perfettamente conservate, diventate oggetto di studio per gli esperti di paleopatologia.



IL "METODO" DEI CAPPUCCINI

La pratica della mummificazione iniziò nel 1742 e terminò nel 1838, quando poi arrivarono gli editti sui cimiteri. I Cappuccini usavano il classico metodo dell’essiccazione rinascimentale. I corpi venivano messi nei gocciolatoi, ovvero in una stanza sotterranea arieggiata che provocava il decomponimento dei corpi. Poi, venivano trasferiti nei loculi. Ogni corpo aveva il suo saio e il suo cartellino di riconoscimento, cosa visibile ancora oggi. Le mummie rinascimentali di Comiso si presentano in perfetto stato di conservazione: alcuni corpi presentano ancora la pelle, i denti, i capelli, e per questo motivo sono oggetto di studio dei paleopatologi.



LA SEPOLTURA

Le mummie, infatti, offrono la possibilità di studiare qual era la causa di morte più frequente dell’epoca. E così si è appurato che molti morivano per cattiva alimentazione o denutrizione o per le malattie tipiche del periodo, come la tubercolosi. Quasi tutti i corpi sono di frati cappuccini, tranne uno che appartiene a Gabriele Di Stabile, un ricco massaio comisano che si riservò un posto per la sepoltura. Di Stabile è stato un benefattore della città perché ha contribuito alla ricostruzione della chiesa dell’Annunziata, insieme al popolo, dopo il terremoto del 1693.



FRA MANSUETO

In una teca, invece, è conservato il corpo di Frà Mansueto Cobisi, importante figura dei frati cappuccini di Comiso. In una specie di bara, invece, c’è lo scheletro di un ragazzo di 18 anni, Filippo Zanga. Il ragazzo era sicuramente originario del nord Italia, vista la lunghezza del suo scheletro, è morto nel 1826 ma la sua figura, il perché sia lì e come sia morto, resta un mistero.

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