Fra Marco: Sia ricevuto con bontà
Spunti per la vita di tutti dalla Regola non bollata di san Francesco
È ispirato da grande benevolenza il capitolo II della Regola non bollata di san Francesco, che tratta di come accogliere chi desidera diventare frate. Proprio all’inizio, infatti, san Francesco scrive: «Se qualcuno, per divina ispirazione, volendo scegliere questa vita, verrà dai nostri frati, sia da essi benignamente accolto». Si respira subito un’aria di disponibilità, ospitalità, amorevolezza. Poi, subito dopo, un’altra nota, sempre sullo stesso tono: «E se sarà deciso nell’accettare la nostra vita, si guardino bene i frati dall’intromettersi nei suoi affari temporali, ma, quanto prima possono, lo presentino al loro ministro (superiore). Il ministro poi lo riceva con bontà e lo conforti». Tutto ancora all’insegna della massima attenzione e di calorosi gesti di benvenuto. E ciò ben diversamente dalla Regola di san Benedetto, scritta secoli prima in contesti molto diversi, in cui si raccomanda che «quando si presenta un aspirante alla vita monastica non bisogna accettarlo con troppa facilità e… se insiste per entrare e per tre o quattro giorni dimostra di saper sopportare con pazienza i rifiuti poco lusinghieri e tutte le altre difficoltà opposte al suo ingresso, perseverando nella sua richiesta, sia pure accolto e ospitato per qualche giorno nella foresteria».
Sicuramente nell’esperienza degli inizi dell’Ordine francescano tutta questa benevolenza nell’accogliere i nuovi candidati alla vita religiosa non era dettata dal bisogno di vocazioni che invece avvertiamo oggi: vivente san Francesco la fraternità era in grandissima espansione! Si trattava piuttosto di uno stile specificamente francescano. Ora però vorrei fare un passo avanti: nel capitolo VII della stessa Regola non bollata, di cui quest’anno ricorre l’ottavo centenario, leggiamo forse con sorpresa: «E chiunque verrà da essi (dai frati), amico o nemico, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà». Allora non si tratta di ricevere con bontà solo coloro che desiderano intraprendere la vita religiosa, ma proprio tutti: amici, nemici, ladri o briganti!
Per la logica di san Francesco, che è poi la logica di Gesù, un’indicazione di questo genere non fa una piega. Francesco sapeva che l’accoglienza benevola è un mezzo formidabile per provocare un cambiamento, non solo negli altri, ma anche in noi stessi. Ne sono testimoni due dei Fioretti. Il primo è quello famoso del Lupo di Gubbio (cap. 21), in cui Francesco chiama fratelli gli abitanti della cittadina umbra impauriti e rabbiosi, invitati ad accogliere con bontà il lupo, e chiama fratello il lupo stesso «grandissimo terribile e feroce», indotto attraverso la benevolenza a più miti consigli. Il secondo fioretto è quello, forse meno noto, dei crudeli briganti di Montecasale (cap. 26), chiamati anch’essi fratelli, sfamati, e così convertiti a vita santa dalla dolcezza e bontà dei frati, fino a quel momento aspri con loro. La benevola accoglienza e la parola della fraternità sono chiavi che aprono i cuori e li trasformano. Non solo ai tempi di Francesco. (Rivista San Francesco - clicca qui per scoprire come abbonarti)
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