Gli Ulivi e la fede: a casa di Francesco
È la basilica di Santa Maria degli Angeli a dare il benvenuto ai turisti e ai pellegrini diretti ad Assisi. Prima di proseguire verso l'alto la sosta è d'obbligo. Per visitare la Porziuncola, innanzitutto, la chiesetta del IV secolo dove san Francesco si raccoglieva in preghiera, e la Cappella del Transito, dove il santo morì la notte tra il 3 e il 4 ottobre del 1226. Considerata la settima chiesa al mondo per grandezza, la basilica fa da punto di riferimento per l'intera vallata. Da qui si procede verso l'alto. Un percorso che i più allenati possono tentare a piedi, magari lungo la mattonata che, sulle orme dell'antico tracciato probabilmente di origine romana, mette in collegamento la basilica di Santa Maria degli Angeli con quella di san Francesco. Tre chilometri in salita con paesaggi spettacolari. Chi non se la sente di inerpicarsi può continuare in macchina o con uno dei bus locali verso la città. I parcheggi sono numerosi, ma se si è con mezzi propri non si può entrare nelle mura. Il parcheggio più a portata di mano è intitolato a Giovanni Paolo II. Da qui, a piedi, si raggiunge facilmente la basilica di San Francesco, dove ammirare le opere di Giotto e Cimabue. In quella Inferiore ci sono anche le storie del santo dipinte da Simone Martini e il ciclo della Passione di Cristo dipinto da Pietro Lorenzetti. In quella Superiore spicca la vita di Francesco, il ciclo di affreschi tra i più famosi al mondo, dipinta da Giotto. Dal 1997, dopo il terremoto che aveva sconvolto Assisi, sono stati completati oltre 2.600 fra restauri, opere e infrastrutture. Il "graffio" è stato curato per quanto possibile in questi anni scoprendo anche, grazie alle moderne tecnologie, le antiche cromature. «Per noi però», raccontano gli abitanti di Assisi, «resterà sempre un ricordo del prima e del dopo terremoto. Una seconda vita». Di cui i pellegrini non si accorgono facilmente, presi a gustare la spiritualità dei luoghi percorsi da san Francesco e da Chiara. Ma non ci sono solo le basiliche e i luoghi di culto ad attirare tanta gente in quella che è stata dichiarata Patrimonio dell'umanità. Città della pace, gemellata con Betlemme, San Francisco e Santiago de Compostela, Medaglia d'oro al valor civile, Assisi mantiene ancora traccia della protezione che diede, durante la guerra, a tanti profughi. Tra i quali anche 300 ebrei che, grazie al vescovo Giuseppe Placido Nicolini, al suo segretario don Aldo Brunacci e al guardiano del convento di San Damiano, padre Rufino, sfuggirono ai rastrellamenti. Nascosti nei sotterranei di cui Assisi è ricca, nelle cantine, muniti di nuovi documenti uomini, donne e bambini si salvarono dall'Olocausto. Ancora oggi, nel negozio di souvenir vicino alla basilica di Santa Chiara, è possibile vedere la macchina da stampa con la quale Luigi e Trento Brizi riuscivano a stampare i documenti falsi. Un negozio gestito da una delle nipoti dei due tipografi che, con il vescovo e gli altri due sacerdoti, furono dichiarati Giusti tra le nazioni. E sono tanti i souvenir che pellegrini e turisti possono portare via da Assisi. Dal tipico "tau" (croce) di legno da portare al collo ai caratteristici ricami del posto. Senza contare i prodotti alimentari, in primis l'olio, «per noi più importante del vino», spiega una signora. «È vero che è molto costoso, ma è tra i migliori del mondo. Lo usiamo in cucina, soprattutto a crudo, ma anche per alimentare le lampade votive, lo portiamo in chiesa per la benedizione perché venga poi usato come olio crismale». Olio e ulivi. Ovunque i magneti con la colomba e il ramoscello. E, scendendo dal parcheggio di piazza Matteotti, nella parte alta della città, lungo la via del Torrione che porta alla cattedrale di San Rufino, nel giardino di questa costruzione che è un gioiello da non perdere, stanno crescendo 25 piccole piante. Nell'OZea Mundi, inaugurato lo scorso anno con il sottotitolo Olivi per la pace, sono state radicate le piantine provenienti da 25 diversi Paesi del mondo. Sull'esempio della collezione di Lugnano in Teverina, vicino Terni, forte di 900 esemplari di ulivo di 300 diverse varietà, i promotori di OZea Mundi si augurano di coinvolgere soprattutto i Paesi che vivono conflitti e le più alte istituzioni mondiali in un progetto capace di promuovere insieme salvaguardia del creato e pace tra i popoli.
A TAVOLA. Dal tartufo nero al paté di roveja, i sapori genuini della tradizione Annarita, per il suo locale, ha scelto il nome "Terra chiama", «per non sfruttare il nome di Francesco già troppo abusato e per ricordare che tutti i nostri prodotti sono genuini, locali, della terra appunto». E allora via con i crostini con paté di roveja, un legume antico a metà tra il sapore delle lenticchie e quello dei piselli, da sempre coltivato in Umbria. Nell'antipasto non possono mancare il prosciutto tagliato al coltello e i tipici affettati umbri. E poi i primi, mentre si sfogliano i libri su Giotto appoggiati accanto ai tavolini, sono un tuffo nella cucina umbra più tradizionale. Noi abbiamo assaggiato gli strozzapreti al rancetto, una sorta di sugo all'amatriciana, ma il condimento può essere anche il nero di Norcia, cioè il classico tartufo di queste zone. E poi, per chi ha ancora fame, il piccione con la verdura ripassata o la tagliata di chianina. Entrambe accompagnate dalla torta al testo appena sfornata. In questa osteria, ma in quasi tutti i locali di Assisi, si possono mangiare le lumache in umido e completare il pasto con i tozzetti. Il tutto innaffiato da un buon vino. Noi abbiamo scelto il Grechetto di Montefalco, un vitigno autoctono dell'Umbria, che si accompagna in genere con il pesce ma che d'estate, fresco, è ottimo su tutto.
"SIAMO CHIAMATI A COMPIERE GRANDI COSE". «In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che Io compio e ne farà di più grandi» (Gv 14,12). San Francesco è davvero un santo che ha compiuto qualcosa di "più grande". E lo ha fatto nella semplicità e nell'umiltà di una fede che ha permesso a Dio di realizzare questa promessa. I "grandi della storia" li studiamo a scuola e qualche volta scegliamo di visitare i luoghi in cui hanno vissuto, ma non ci cambiano la vita. Pensiamo a Francesco e a Chiara d'Assisi. Davvero hanno "compiuto cose più grandi". Davvero sono diventati "astri nel mondo" (Fil 2,15) che splendono per l'eternità. E noi tutti come cristiani siamo chiamati a questa vocazione alla santità. Ciascuno di noi può permettere a Dio di compiere grandi cose. Ma perché avvenga dobbiamo avere quell'umiltà che consente a Dio di abitare in pienezza nei nostri cuori. Nel nostro quotidiano, con amore e semplicità, cercando la "perfetta letizia" e seguendo il consiglio di san Francesco: «Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile»! (Famiglia Cristiana)
Commenti dei lettori
NON CI SONO COMMENTI PER QUESTO ARTICOLO
Lascia tu il primo commento
Lascia il tuo commento
la cripta
di San Francesco
Rivista
San Francesco