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Il cuore di san Francesco

Nel Santo di Assisi il cuore è il fulcro della ragione

La successione delle due solennità, quella del Sacro Cuore di Gesù e quella del Cuore Immacolato di Maria, ci spingono a riflettere su Francesco di Assisi, sul suo animo piuttosto, o ancor meglio (la ripetizione diviene quasi naturale, e spero mi sarà concessa) sul cuore del Poverello di Assisi. Giorni fa si è conclusa la kermesse “Con il cuore, nel nome di Francesco”: nome migliore per sensibilizzare tutti alla donazione per chi è in stato di povertà, non poteva esserci. Eh sì, perchè l’ “organo anatomico” a cui si fa riferimento è - davvero - il fulcro di ogni Uomo, il motore - assieme all’altro organo, il cervello - per la nostra vita. Nel nostro linguaggio - il più delle volte - siamo portati a fare una grande differenza tra “mente” e “cuore”, forse in maniera anche erronea. Si dice, infatti, “le ragioni del cuore non sono quelle della mente”. Perchè non sfatare - una volta per tutte - questo modo di dire?

Ci viene in aiuto la lingua ebraica che troviamo nella Bibbia. E’ interessante notare come il termine “lev” - presente ben 814 volte nella Sacra Scrittura - possa essere tradotto sia come “cuore”, sia come “ragione” che non può non essere che custodita nel cervello. L’ambiguità - definiamola così - del sostantivo tradotto induce diverse riflessioni. In fondo, il cuore non è detto che non “faccia” ciò che la “mente” dice. Gli impulsi possono anche essere attigui, non in contrasto. E, la traduzione del termine “lev” ce lo conferma.

Nella vita di San Francesco d’Assisi è stato proprio così. La sua biografia è lì a testimoniarlo, con tutte le sue azioni di bene, di amore, di fraternità dettate - appunto - dalla ragione del cuore di Francesco. Potrebbero essere tanti gli esempi, ma - forse - è bene soffermarsi solamente su uno. Riguarda una delle più famose preghiere del santo di Assisi: “Alto e glorioso Dio” che dice “O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio. Dammi una fede retta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda. Dammi, Signore, senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà. Amen”.

La preghiera inizia con l’invocazione a Dio. San Francesco chiede per sé (per essere meglio dono agli altri) a Dio, “alto e glorioso”, di illuminare le tenebre del cuore suo. Usa la parola “cuore”. Questo è nelle tenebre, nel momento in cui San Francesco si rivolge ad Abbà Padre, davanti al Crocifisso di San Damiano: infatti, la preghiera è anche conosciuta come “Preghiera davanti al Crocifisso di San Damiano”.
Ma, cosa chiede Francesco nella preghiera? Sì, vero: prima di tutto di illuminare il suo cuore, ma - dopo - i doni che chiede non sono certo pochi né - tanto meno - “facili” da ottenere: “fede retta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda”. Carambola, si direbbe, in maniera giocosa! Certamente i doni richiesti sono da custodire nel “cuore”. Ma, poi, aggiunge “senno e discernimento”. E, in questo caso, non può che entrare in gioco se non la “ragione”. Il senno e il discernimento fanno parte della sfera della “ragione”, della mente. Famosi possono essere i riferimenti a questi due termini: basti pensare al “senno” perso da Orlando. E, per quanto concerne il “discernimento” è cosa abbastanza naturale che questo non possa che essere dettato da una “ratio” capace di scegliere, giudicare ciò che è buono e ciò che è male. Ma, torniamo a San Francesco. Il santo di Assisi per poter giungere al discernimento e al senno, chiede - prima di tutto - che il Signore possa illuminare il cuore. Ecco, il fulcro, il motore della sua vita spesa al servizio dei fratelli e del Signore (che poi sono un po’ la “stessa cosa”).

San Francesco ci insegna che un cuore “libero”, un cuore “illuminato” è l’unica via possibile per saper saper scegliere, discernere e - addirittura - pensare. In breve sintesi bisognerebbe riuscire a raggiungere “la ragione del cuore”.

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