Il Ministro Generale: 'Questa Basilica è chiamata a dialogare con il mondo'
L'Omelia del Ministro Generale in occasione della Solennità della Dedicazione della Basilica di San Francesco
Dopo aver proclamato “santo” Francesco, il papa Gregorio IX volle che si innalzasse un tempio in suo onore in Assisi e che ivi si conservassero i suoi resti mortali. Lo stesso pontefice benedisse la prima pietra nel 1228, e nel 1230 comandò che il corpo del Santo fosse trasportato dalla tomba provvisoria della chiesa di San Giorgio al nuovo tempio, che da lui ebbe il titolo di Basilica, «capo e madre» di tutte le chiese dell’Ordine francescano. Innocenzo IV la consacrò solennemente nel 1253. Il tempio fu elevato a Basilica patriarcale e Cappella papale da Benedetto XIV il 25 marzo 1754.
L'OMELIA DEL MINISTRO GENERALE
Carissimi,
la nostra Comunità è in festa per la solennità della Dedicazione di questa Basilica, nella quale riposano le spoglie del nostro Serafico Padre San Francesco. È una festa di famiglia, che ci ricorda la comune appartenenza a Cristo, pietra angolare dell’edificio spirituale che è la Chiesa.
Ciò che celebriamo oggi è il memoriale vivo della presenza di Dio nella storia, presenza manifestata nella ‘piccolezza evangelica’ di San Francesco e nella ‘grandiosità artistica’ di questo tempio.
Il radunarci in questo spazio santo, richiama il nostro essere comunità, popolo in cammino al quale Dio affida la missione di portare al mondo il messaggio della salvezza. Queste mura, quindi, seppur preziose e inestimabili per il patrimonio artistico che racchiudono in sé, sarebbero sterili se non ci impegnassimo a far vivere in noi il comandamento che abbiamo ricevuto dal Signore, e, cioè, adorare Dio in spirito e verità, e compiere il nuovo comandamento di amarci reciprocamente affinché il mondo possa credere in Colui che ci ha amati per primo; questo sacro spazio risulterebbe qualcosa di vuoto se non ci impegnassimo nel seguire le orme di Cristo con la radicalità del Vangelo.
Certamente, la bellezza e la profondità di quest’arte, aiuta il mondo a conoscere e celebrare non solo la figura del Santo d’Assisi, ma anche l’intero movimento evangelico di penitenza e minorità -uomini e donne- sorto dall’ascolto credente della Parola.
La prima lettura che abbiamo ascoltato quest’oggi, tratta dal libro di Neemia, narra del governatore e del sacerdote Esdra che presentano il rotolo della Legge a tutto il popolo di Israele riunito in assemblea. In quel solenne rito il sacerdote lesse il contenuto del rotolo, dall’alba sino a mezzogiorno, e “tutto il popolo tendeva l’orecchio” per comprendere e aderire a ciò che veniva proclamato.
Francesco d’Assisi aveva compreso pienamente questo messaggio, nel suo essere non un semplice ascoltatore della Parola ma quasi un “vangelo vivente”, tanto era grande la sua conformazione a Cristo. Il Poverello, infatti, offrì e offre ancora una grandissima novità: la “perfetta letizia” che sorge dal Vangelo vissuto “sine glossa", cioè del “gusto” per il Vangelo vissuto con autenticità e radicalità.
Questa Basilica, con il suo particolare “linguaggio”, è chiamata a “dialogare con il mondo”: con i credenti, con i non credenti, con le persone di buona volontà, con quelli che onorano la pace, con quelli che cercano delle alternative di vita più umane e giuste, con quelli che vogliono essere imitatori di Cristo sulle orme di San Francesco.
Se un tale dialogo può sgorgare dall’espressione artistica, accorgiamoci quanto in più possa la ‘fraternità francescana’ essere linguaggio di novità nei confronti del mondo! Certo, solo a condizione di essere una fraternità che intenda vivere pienamente la vocazione che gli è propria: “la vita e regola dei ‘Minori’ è vivere il Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo”. La nostra autenticità, quindi, dipende dalla qualità del nostro rapporto con la Parola. La nostra speciale vocazione è infatti il far “abitare” in noi il Vangelo: nei nostri gesti, nel nostro cuore, nel nostro spirito, nella nostra mente, nei nostri sensi, nel nostro corpo, nelle nostre scelte, nella nostra missione.
Se vissuta in pienezza, la ‘fraternità evangelica’ può diventare una bellissima costruzione, un messaggio così lucido e generoso, da essere capace di illuminare con nuova luce una società rivolta micidialmente su sé stessa, su interessi piccoli o meschini.
Una ‘fraternità evangelica’, creativa e ‘chinata verso il mondo’ sarà certamente un punto di riferimento credibile, un segnale di quanto diversa possa essere la convivenza umana: nel modo di relazionarci con gli altri e con l’ambiente, nel modo dell’accoglienza dell’altro; nel modo di gestire i beni materiali, nel modo di vivere e di collaborare, nel modo di pensare. La fraternità francescana è uno ‘spazio salvifico’ dove questo mondo infecondo nel suo individualismo, può trovare una novità.
Il Serafico Padre San Francesco ci aiuti a vivere in pienezza la nostra vocazione battesimale, trasformandoci in pietre vive della casa di Dio che è la Chiesa, e a vivere con entusiasmo la nostra vocazione francescana di essere ‘fraternità evangelica’ aperta al mondo e portatrice di una urgente novità.
Così sia!
Fr. Carlos A. Trovarelli
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