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Il Natale di San Francesco

Il racconto del Celano del giorno di festa vissuto dal Santo di Assisi

Al di sopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato ad un seno umano. Baciava con animo avido le immagini di quelle membra infantili, e la compassione del Bambino, riversandosi nel cuore, gli faceva anche balbettare parole di dolcezza alla maniera dei bambini. Questo nome era per lui dolce come un favo di miele in bocca”. Così il Celano nella biografia del santo di Assisi, descrive l’animo di Francesco in questo particolare giorno di festa. E’ un bambino Francesco, si fa bambino come Gesù appena nato. Immagine di grande tenerezza, dolcezza. Insuperabile il suo entrare nel Cristo. Così come per le stigmate della Passione, San Francesco - nel giorno del Natale - vive la sua conformità a Gesù esprimendo la sua fanciullezza. “Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli”, a parlare è il Vangelo di Matteo al capitolo undicesimo. Il santo di Assisi aveva ben in mente queste parole, anzi le “incarnava” così come Dio stesso si è incarnato nel Natale. 

Ma l’incarnazione di quel Dio per Francesco non è solamente entrare nell’animo di un bambino. Se fosse così semplicemente, potrebbe anche definirsi - parola azzardata, forse - semplice sentimentalismo. No, per san Francesco l’incarnazione passa per la carità. Dio-Uomo è carità. E il santo di Assisi lo sa bene. Continuiamo a leggere cosa scrive Celano in merito a questo punto: “Voleva che in questo giorno i poveri e i mendicanti fossero saziati dai ricchi, e che i buoi e gli asini ricevessero una razione di cibo e di fieno più abbondante del solito. “Se potrò parlare all’imperatore — diceva — lo supplicherò di emanare un editto generale, per cui tutti quelli che ne hanno possibilità, debbano spargere per le vie frumento e granaglie, affinché in un giorno di tanta solennità gli uccellini e particolarmente le sorelle allodole ne abbiano in abbondanza”. Il suo pensiero, dunque, non corre solamente agli uomini. E’ il Creato intero che deve partecipare all’abbondanza del Dio fatto Uomo. La gioia della Luce del Mondo deve illuminare e “sfamare” tutti: dagli esseri umani agli uccelli. Questo tratto distintivo di San Francesco rientra nella sua concezione del Mondo: una visione globale già prima dei nostri mezzi attuali (che corrono sul web, potremmo dire) che legano ogni parte del mondo con l’altra. Visione futurista, e sognatrice. Francesco è sì sognatore di una visione, ma ha ben in mente la sua realtà concreta. Ci dice “frumento e granaglie”: sono realtà che possiamo toccare, possiamo mangiare. Il Bambino Gesù è per San Francesco l’incarnazione, soprattutto. In-carnazione: mettere nella carne, dunque. E questa - si sa - ha bisogno di sostanza, del mangiare. E’ affascinante tutto questo perché in questa prospettiva possiamo comprendere quanto per il santo d’Assisi fosse importante la realtà del Mondo. 

L’incarnazione passa per una donna. L’incarnazione passa per la Vergine Maria. E, dunque, scorrendo ancora il testo del Celano, troviamo - ovviamente - un riferimento a lei: “Non poteva ripensare senza piangere in quanta penuria si era trovata in quel giorno la Vergine poverella. Una volta, mentre era seduto a pranzo, un frate gli ricordò la povertà della beata Vergine e l’indigenza di Cristo suo Figlio. Subito si alzò da mensa, scoppiò in singhiozzi di dolore, e col volto bagnato di lacrime mangiò il resto del pane sulla nuda terra. Per questo chiamava la povertà virtù regale, perché rifulse con tanto splendore nel Re e nella Regina”. Significativo, questo passo. Lo è perché ci indica quanto per San Francesco il Bambino Gesù fosse così collegato alla figura di Maria. Sappiamo bene, infatti, quanto la sua figura influenzerà - fin dal principio della missione di San Francesco  - il suo essere “frate”: frate, dunque, fratello. E figlio. Figlio di un’unica madre, Maria. Guardando alla madre, Francesco si focalizza sulla sua regalità povera. La ricchezza della Vergine è nel suo essere “Regina”. Abbiamo così un’immagine della Natività ben dettagliata: la Vergine e suo Figlio, nella povertà. E’ alquanto tenero il termine “Vergine poverella” che usa Celano. In quel “poverella” troviamo tutta la vocazione di Francesco, tutta la vocazione del Francescanesimo. 

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