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Il pioppo di Rebora e gli ideali francescani

Il Papa invita a riflettere sulla forza della cultura

Quando nel 2014 papa Francesco ha parlato dinanzi all’Assemblea dei rappresentanti del Consiglio d’Europa radunatisi nella sede di Strasburgo ha ribadito l’importanza di un’Europa unita e solidale che metta al centro del suo programma politico la cooperazione tra le nazioni al fine di mantenere la pace e costruire un patrimonio economico, umano e culturale comune e condiviso. Prendendo come fonte di ispirazione la poesia Il pioppo di Clemente Rebora, il Papa s’è appropriato dei versi del poeta e sacerdote di origini lombarde per descrivere l’immagine di un’Europa che deve guardare in alto, verso nuove mete, sia pure mantenendo il tronco stabile e fermo e le radici conficcate saldamente in un terreno fertile e produttivo: Vibra nel vento con tutte le sue foglie/il pioppo severo;/spasima l’anima in tutte le sue doglie/nell’ansia del pensiero:/dal tronco in rami per fronde si esprime/tutte al ciel tese con raccolte cime:/fermo rimane il tronco del mistero,/e il tronco s’inabissa ov’è più vero. 

La leggenda narra che il pioppo fu usato dai soldati per costruire la croce di Gesù e che il pioppo, per il fatto di essere stato scelto, sollevò i suoi rami verso il cielo. Così dall’alto, in segno di condanna, le sue foglie furono destinate a muoversi tutte le volte che soffiava il vento. Secondo i Celti, il pioppo è una costellazione e tutti coloro che sono nati sotto questo segno sono amanti della natura e tendono a sviluppare un’indole cupa e pessimista. I versi poetici raccolti in Canti dell’infermità (1956), opera composta durante la lunga malattia dell’autore, sono avvolti da un’aura di dolore ch’è tuttavia da comprendere in senso cristiano, quale evento necessario. Ormai infermo e immobile, il poeta scorge da una finestra un albero che per il suo alto valore simbolico si fa mezzo per capire il mistero del dolore e cogliere il messaggio che Gesù ha rivelato agli uomini.

Il pioppo, severo, e dal tronco fermo, innalza i suoi rami scossi dal vento verso il cielo tenendo salde le sue radici nella terra, ov’è più vero. Perché è nella terra che il pioppo trae il suo nutrimento, l’essenza vitale mutuata dal Papa in fondamento di verità – ch’è presupposto irrinunciabile per edificare una società sui valori di libertà, pace e unione. Attraverso l’esperienza umana e letteraria di Clemente Rebora, il Papa ha invitato a riflettere sulla forza della cultura, chiave di volta per aprire nuovi mondi e favorire, oltre che lo sviluppo della coscienza individuale anche il progresso di tutta l’umanità. Il cammino esistenziale di Rebora è stato un cammino verso l’Assoluto. Non sarà un caso ma, l’autore è nato il giorno in cui si festeggia l’epifania ed è morto nella giornata in cui si celebrano i santi. Rebora amava la natura, perché è proprio nella quiete e nel silenzio ch’egli riuscì a recuperare quell’armonia che non smise mai di ricercare. Era un uomo buono, incline a gesti di grande altruismo e carità verso chi aveva bisogno, concepiva la bontà come l’altro volto dell’armonia. Sapeva cogliere il bene ovunque, nelle cose semplici che la vita sapeva offrirgli ogni giorno. Perché più l’anima è buona e tendente al bene più s’avvicina a Dio. Per le donne, al pari di san Francesco, nutriva una profonda ammirazione: erano creature angeliche, sacre, capaci di generare il grande dono della vita e farsi madri e compagne – e non strumento di appagamento sensuale. Il poeta ha vissuto la sua vita nel segno della bontà e dell’amore e, sulle orme del francescanesimo, ha saputo scorgere nella natura, negli alberi, nell’acqua i doni che Dio ha voluto dispensare agli uomini.

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