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Il silenzio di Francesco

Il silenzio di Francesco, riflessione sulla Parola

Credits Ansa

Molto si è scritto, e molto si scriverà su quanto San Francesco abbia detto. E su quanto avrà da dirci. Ma, forse, sarebbe anche "utile" poterci soffermare sul silenzio di San Francesco.

La storia di Francesco è, forse, una delle biografie più conosciute, e più ammirate. Ma al contempo, anche fra le più travisate, trasformate e -a volte- anche tradite. Quello che rimane nella mente del fedele, o del semplice curioso delle "cose della Chiesa", o di Fede, è il consueto San Francesco, amante del Creato ("cum tucte le sue creature", tanto per citare il suo famoso Cantico), rivoluzionario (lo è stato, e molto), il poverello (certamente ha sposato con amore, Madonna Povertà). Ma, manca, in tutte queste sfaccettature del "personaggio" Francesco, una: quella di Francesco, amante del silenzio.

Quello del santo di Assisi, è un silenzio contemplativo, che detta parole ben chiare al suo cuore. Chiare, perchè in ascolto di Dio, soprattutto. E dell'Uomo. Nel leggere i suoi Scritti, e dunque stiamo parlando della sua chiara, netta e palese parola - che trovava nutrimento dalla e nella Parola - non è possibile non riflettere su quanto questi fossero frutto di profondo, interiore silenzio. La meditazione silenziosa, il dialogo intimo con Dio.

La famosa definizione di Celano, del "tutto preghiera" è, sicuramente, una delle espressioni più consone all'intero percorso spirituale e umano di frate Francesco. E la preghiera - si sa - è silenzio, e un viaggio nei fiumi dell'anima che sfociano, poi, in un oceano vasto, immenso: quello dello sguardo di Dio.

E' importante focalizzare, proprio oggi, questo dato che ci viene suggerito dalla profondità teologica di questo ragazzo d'Assisi che -seppur di "buona famiglia", come si suol dire, e quindi sicuramente di buoni studi - ancora oggi ci interroga con le sue parole, sulla nostra "condotta" spirituale, ma - oserei dire - ancor prima umana.

Il silenzio, per Francesco, diviene un tempio in cui dimorare, in cui poter aprirsi al mondo, chiudendosi in sé stesso. E' l'ossimoro eterno del Divino: il Dio che si fa trovare, ma poi fugge, per essere rincorso ancora. Potremmo definirla, altalena di Dio. E noi, a cercarlo, per perderci, e in questo nostro perdersi, ritrovarsi. E ritrovare, così, Dio.

Francesco, chissà quante volte avrà "giocato" a questo "serio jeu"? Sicuramente, lo avrà anche lui provato. In silenzio.

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