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INTERVISTA ESCLUSIVA A CARD. DOLAN: SIAMO TUTTI MIGRANTI. LA CHIESA USA TRA TRUMP E FRANCESCO

Grazie a San Francesco sono rimasto nella Chiesa.

Credits Ansa

Intervista di Andrea Cova e Roberto Pacilio al Card. Dolan, Arcivescovo di New York, sulla presidenza Trump e su San Francesco.
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Lei era uno dei papabili per il dopo Ratzinger; se fosse stato eletto quale nome avrebbe scelto?

«In verità non ho mai pensato a questo (ride). Alla maggior parte dei miei fratelli cardinali non piace pensare di diventare Papa. E' una cosa scomoda».

Lei ha partecipato alla tradizionale cena pre-elettorale organizzata dalla Alfred and Smith Memorial Foundation seduto tra Trump e Clinton, ce la racconta?

«Si! Provo a dimenticare (ride). Quest'incontro è una grande occasione per la Chiesa negli Stati Uniti: è importante che tutti i cittadini americani vedano la Chiesa come un ponte. Se si pensa che il primo titolo del Papa è pontefice. La Chiesa è quindi un ponte fra Dio e gli uomini. La cena di Al Smith, primo cattolico a concorrere per la presidenza nel 1928, era nata da un’idea del mio predecessore il Cardinale Spelmann. Un'iniziativa per raccogliere fondi per finanziare opere di carità. Questo evento è  importante per la Chiesa dato che è l'unico momento dove si incontrano i due candidati.  La presenza dell'Arcivescovo di NY è un bel segno per tutto il Paese perchè il tono e il clima della serata dovrebbero essere di amicizia, ma la cena con Trump e Clinton non è stata così. Di solito è un incontro all’insegna dell'amicizia, della pace e dell’unità. Per la Chiesa è bello essere un ponte tra i due candidati  durante una fase dove i rapporti non sono buoni. Dopo la cena, quando me ne sono andato, ho incontrato una signora che mi ha detto: “Card. Dolan grazie per la sua presenza quando la guardo vedo in Lei Cristo”; io ho risposto: “Grazie!”. Questa è la mia sfida, essere Cristo e poi ho aggiunto sorridendo:  “Cristo crocefisso fra i due 'ladroni'».

Card. Dolan, dopo l’elezione di Donald Trump ci sono state molte manifestazioni contro il neo presidente. Come la Chiesa statunitense vede e cosa auspica dalla sua presidenza?

«E’ difficile da dire. Da un lato la Chiesa è contenta perché il nuovo presidente è pro-vita, a favore delle scuole private (cattoliche), e perchè ha parlato bene della libertà religiosa. Ma per altre ragioni abbiamo paura, specialmente per le parole contro gli immigrati. In America e nella Chiesa siamo tutti immigrati. Quando sono arrivato a NY l’ex sindaco, Koch,  mi ha detto: “Mons. Dolan quando gli immigrati sono arrivati qui c’erano due donne ad abbracciarli: la Statua della Libertà e la Madre Chiesa”. Per noi cattolici gli immigrati sono sempre un regalo, specialmente i latini. A New York sono il 33%. Siamo contenti di averli con noi e quando ascoltiamo queste parole contro di loro siamo tristi. Abbiamo paura».

Lei ha parlato con Trump, cosa gli ha chiesto?

«Gli ho fatto gli auguri e gli ho chiesto perché avesse paura degli immigrati. Sono una benedizione per l’America, i miei nonni sono stati immigrati, tutti gli americani lo sono stati. Lo sappiamo che dobbiamo avere delle frontiere sicure, ma nella Chiesa e nella storia americana gli immigrati hanno sempre avuto il benvenuto, è questa la forza degli Stati Uniti: essere un Paese che dà il benvenuto a tutti. Come Cardinale e rappresentante della Chiesa, vado molto in giro per il mondo, per la carità, per missioni di beneficenza. Tutte le persone che incontro mi dicono: “Padre riusciremo un giorno ad andare in America?”. Questo è bellissimo per noi, vedere l’amore della gente verso gli Stati Uniti. Non è buono avere un Presidente che ha paura degli immigrati. Spero possa cambiare un po’».

E Trump cosa ha risposto?

«Ha risposto che non ha paura, diamo ancora il benvenuto ma dobbiamo aumentare la sicurezza».

Il matrimonio sancisce l’amore fra due persone. Benedirebbe due dello stesso sesso?

«No perché non è la mia scelta. Lo stesso Dio ci ha insegnato che il matrimonio è sempre fra uomo e donna».

Diversi i casi di pedofilia nella Chiesa, quale potrebbe essere la causa? L'abolizione del celibato potrebbe essere la soluzione?

«Mai. Mai. Noi sappiamo bene che in America il problema della pedofilia è anche all’interno delle famiglie. Il celibato non è la causa di questo atto criminale».

Che musica ascolta il cardinale Dolan?

«Country- Western!».

Cosa rappresenta per lei San Francesco?

«San Francesco è un altro Cristo. Quando si vede San Francesco si vede Cristo. Questa è la sfida per tutti noi, quando prima, scherzando, ho detto che quella signora che vedeva in me Cristo è stato per me un grande complimento. Noi vorremmo essere Cristo, o essere come San Paolo. Cristo vive in me e questa è la sfida della nostra vita: essere Cristo per gli altri e vivere con Cristo per tutta l'eternità. Francesco era così. Il problema nella nostra vita cristiana è la tentazione di pensare che sia impossibile vivere come Lui ci ha insegnato. E’ un sogno, mai realtà. Quando, invece, vediamo Francesco diciamo che è possibile per noi vivere come Cristo. Spero che dopo il suo esempio anche io possa essere un Cristo per gli altri. Speriamo».

“In un articolo si racconta che lei voleva lasciare la vita sacerdotale, ma dopo esser venuto ad Assisi la vocazione è rinata dentro di lei; è vero?

« Si è vero. Dopo 4/5 settimane al seminario avevo molti dubbi sulla mia vocazione e in verità sentivo anche la mancanza di casa, della mia famiglia e degli amici. Allora ho chiesto a Dio: “forse devo tornare a casa?”. Ma il mio padre spirituale mi consigliò di venire ad Assisi per un ritiro in preghiera e riflessione. E proprio qui ad Assisi di fronte al crocifisso di San Damiano, Gesù mi ha detto: ”Non fermarti”. Ho provato un senso di calma, di serenità e sentivo che diceva:” Lascia stare, abbi pazienza, questa è la tua vita non ti fermare qui”.

Provai una grande pace. Fu un vero regalo. E grazie ad Assisi ho cambiato idea».

 

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