L'esempio di San Francesco
Papa Francesco si è recato ad Assisi ieri, venerdì 12, tra i poveri, nell’imminenza di una Giornata che mira ad aiutare ogni uomo a riflettere sulla povertà e le cause che la generano, per generare anche una crescita di solidarietà degli uomini tra loro. L’altro Francesco — il Santo che ad Assisi nacque e visse e che il mondo ama — si mischiò un giorno tra i poveri, prima ancora che la povertà divenisse per lui scelta di vita. Il fatto è narrato nella Leggenda dei tre compagni, la fonte indubbiamente più preziosa per ricostruire l’itinerario di conversione di Francesco di Pietro di Bernardone.
Scrive infatti l’autore di questo testo delizioso che la divina grazia aveva ormai cambiato il giovane «a tal punto che, pur indossando ancora abiti secolari, bramava trovarsi sconosciuto in qualche città, dove svestirsi dei propri panni e indossare quelli presi in cambio da qualche povero, per provare lui stesso a chiedere l’elemosina per amore di Dio. Avvenne in quel torno di tempo che Francesco si recasse a Roma in pellegrinaggio. Entrato nella chiesa di S. Pietro, notò quanto esigue fossero le offerte di alcuni e disse fra sé: “Se il principe degli apostoli deve essere onorato con splendidezza, perché costoro lasciano offerte tanto piccole nella chiesa dove riposa il suo corpo?”. E così, con gran fervore, mise mano alla borsa e la estrasse piena di monete che, gettate oltre la grata dell’altare, fecero un tintinnio talmente vivace da rendere attoniti tutti gli astanti per quella offerta così magnifica. Uscito poi davanti alle porte della chiesa, dove stavano molti poveri a chiedere l’elemosina, prese a prestito di nascosto i vestiti di un poverello, che indossò dopo aver deposto i suoi».
La grande liberalità mostrata da Francesco, che gettò nel tesoro di S. Pietro un’offerta visibilmente generosa, si addice perfettamente alla sua ben nota prodigalità, quella stessa che dava occasione di sparlare ai vicini. Anche il modo in cui questa liberalità si manifestò si adatta benissimo al suo carattere e al suo comportamento: in fondo, fino ad allora non aveva fatto altro che cercare di stupire, di richiamare l’attenzione su di sé; nel gettare in obolo in un modo tanto plateale e rumoroso quella manciata di monete fu soprattutto il suo “uomo vecchio” a venire fuori: gli sembrava, infatti, che la spilorceria mostrata dai pellegrini fosse lontana anni luce da quell’ideale di cortesia che aveva fino ad allora idolatrato e, al tempo stesso, proprio tale spilorceria gli offriva l’occasione per mettersi in evidenza nel luogo più importante della cristianità.
Forse — non possiamo escluderlo — la decisione di scambiare subito dopo quel gesto le proprie vesti lussuose con gli stracci di un mendicante e di mettersi sulla gradinata della basilica a chiedere l’elemosina fu una specie di contrappasso a cui consapevolmente si sottomise, punendosi per un comportamento dettato non tanto da carità quanto da smania di grandezza. Si trattava comunque di sortite temporanee. Si tolse infatti di dosso quei panni, riprese i propri e tornò ad Assisi: apparentemente sembrava quello di sempre, ma interiormente continuava a macerarsi; fu allora che cominciò a pregare il Signore perché gli mostrasse la via alla quale lo chiamava. E pian piano la sua vita prese un altro corso...
Stare tra i poveri, vivere tra loro e come loro, anche solo per qualche tempo, costringe a vedere la vita in modo nuovo, con altri occhi. È un’indicazione preziosa, questa, da tenere in conto negli itinerari di formazione alla vita cristiana, laicale o consacrata che sia, nel sacerdozio o nella vita religiosa.
(L'Osservatore Romano)
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