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La tunica di san Francesco

Credits Ansa

La tunica di San Francesco, visibile presso la basilica di Assisi, è una sintesi commovente della dottrina socio-economica elaborata e vissuta da San Francesco. Non si tratta di un abito tagliato in un unico pezzo di stoffa ma di un collage, un pachwork di toppe che testimonia l’atteggiamento anticonsumista di Francesco, la sua assoluta preferenza per la soddisfazione dei bisogni immateriali.

 San Francesco, come ogni essere vivente, aveva bisogni primari, radicali e voluttuari, ma sapeva dare la precedenza a quelli radicali, e quella tunica ne è la certificazione più tenera e intransigente.

Per spiegarmi, ricorro alle idee illuminanti di una grande filosofa – Agnes Heller – scomparsa pochi mesi fa. Secondo la Heller tutte le specie viventi, siano esse un fanciullo, un animale, una pianta, condividono il bisogno della nutrizione e della procreazione. Ma vi sono bisogni prettamente umani sui quali occorre azzardare una distinzione più sottile.

A suo avviso i bisogni umani sono di due tipi. Vi sono quelli “alienati”, ovvero la sete di ricchezza, di potere e di beni materiali. Si tratta, dunque, di bisogni quantitativi, che tendono a beni che si prestano a essere misurati e paragonati per cui c’è sempre qualcuno che ne ha più di noi, destando in noi l’invidia che ci aliena.

Ma vi è una seconda categoria di bisogni umani, che la Heller chiama “radicali” perché consustanziali alla radice squisitamente umana della nostra personalità. Si tratta dei bisogni d’introspezione, di amicizia, di amore, di gioco e di convivialità: tutti accomunati dalla loro essenza qualitativa, che non si presta a essere misurata né mercificata.

Per tutta la vita Agnes Heller ha lottato affinché i bisogni radicali trionfassero su quelli alienati e la bellezza potesse intrecciarsi con la bontà: “Lo sforzo di essere buoni, amando le cose belle, porta alla tensione verso la felicità”. Credo che non si possa dire con parole più semplici e vere ciò che San Francesco ha espresso anche con quella sua tunica poverissima, fatta di toppe, modestia e convivialità. 

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