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La vita scritta

La prima regola francescana ci aiuta a comprendere la fraternità

Insieme con i suoi compagni, nella primavera del 1209 Francesco si recò a Roma da Innocenzo III, per ottenere da lui conferma della loro “forma di vita”. Difficile dire quale fu il testo che, nella circostanza, essi sottoposero all’esame del pontefice: Tommaso da Celano afferma che il Santo utilizzò soprattutto parole del Vangelo, aggiungendovi poche altre cose necessarie per garantire una vita santa.

Giacomo da Vitry, in una nota lettera dell’ottobre 1216, ci ha poi trasmesso una testimonianza preziosa sul modo in cui la prima fraternitas regolasse la propria esistenza: «Gli uomini di questa “religione” con notevole vantaggio convengono una volta l’anno nel luogo stabilito per rallegrarsi nel Signore e mangiare insieme. Qui, avvalendosi del consiglio di persone esperte, formulano e promulgano le loro leggi sante e confermate dal signor papa».

Cosa accadeva, in realtà? I frati, che ogni anno si incontravano ad Assisi per il Capitolo, riflettevano sulle motivazioni di fondo della loro scelta, prendevano in esame i problemi con i quali erano venuti a contatto nel corso dei loro viaggi per il mondo, fissavano per iscritto alcune norme fondamentali. Negli anni successivi sottoponevano quelle stesse norme a revisione, integrando, ritoccando, correggendo il dettato precedentemente fissato. Il primitivo testo presentato al Papa venne così ampliandosi, fino ad assumere, nel Capitolo del 1221, la forma dell’attuale Regola non bollata, che si rivela un documento preziosissimo per conoscere le vicende della prima fraternità francescana, testimone della coscienza che i frati vennero acquisendo della propria vocazione e del modo in cui essa doveva essere vissuta.

Parti basilari di essa si rivelano – indubbiamente – nei capitoli I e XIV, che esprimevano le motivazioni di fondo di una specifica scelta di vita: nel primo capitolo i frati affermavano di esser decisi a seguire le orme e l’insegnamento del Signore Gesù Cristo, accompagnando tale dichiarazione programmatica con versetti evangelici che condensavano l’essenza della loro Regola e vita. Il capitolo XIV, invece, enunciava lo stile di vita dei frati itineranti per il mondo: senza portar nulla, dovevano annunciare la pace nelle case che li ospitavano, mangiando e bevendo quanto veniva loro offerto; espropriati di ogni cosa, non avrebbero dovuto resistere ai malvagi, dando a quelli che chiedevano, senza rivendicare le cose loro tolte.

Definite le scelte ispiratrici, altre modalità, però, dovevano essere chiarite: la quotidianità stessa l’esigeva. Anzitutto, come sostenersi? I frati decisero di farlo con il lavoro delle loro mani, esercitando il mestiere che conoscevano, purché non dannoso per la salute dell’anima. Quel che tuttavia emerge con evidenza, da questo percorso, è il fatto che i frati insieme compresero le scelte fondamentali della loro vita e insieme presero atto delle situazioni via via differenti, studiandone le soluzioni più adatte nel luogo a ciò deputato: il Capitolo di Pentecoste.

La prima regola francescana ci aiuta a comprendere anche il rilievo dato al tema della fraternità nei primissimi tempi della famiglia francescana e negli anni successivi, quando quel primitivo gruppo venne ingrandendosi e, man mano, strutturandosi in un vero e proprio Ordine religioso: una scelta significativa e di per sé eloquente, se teniamo conto che la città di Assisi era ancora attraversata dai turbolenti strascichi delle violente lotte intestine scoppiate nel 1198.

Al Capitolo generale del 1221, come s’è detto, il testo fu completato. A chiusura di esso – con parole che sono indubitabilmente sue –, Francesco inseriva alcune lapidarie espressioni che suscitano inquietanti interrogativi: «E da parte di Dio onnipotente e del signor papa, e per obbedienza io, frate Francesco, fermamente comando e ordino che, da quelle cose che sono state scritte in questa vita, nessuno tolga via o vi aggiunga qualche parte scritta, e che i frati non abbiano altra Regola». Temeva tentativi di modifiche da parte dei frati? Difficile affermare il contrario, tanto sono esplicite le sue parole. Quel testo, però, non ottenne l’approvazione papale, per cui si giunse poi all’altra Regola, quella bollata da Onorio III nel 1223: la Regola non bollata, tuttavia, dopo otto secoli, conserva intatto il suo valore, non solo come testimonianza del cammino fatto nel primo decennio di vita da quello che diverrà poi l’Ordine dei Minori, ma quale documento d’indubbio spessore spirituale, eco ardente di quel Vangelo ancor oggi capace di sconvolgere la vita di molti.

Felice Accrocca, Arcivescovo di Benevento - Rivista San Francesco

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