Le suore di clausura inglesi tra San Francesco e musica elettronica
Da un monastero nel Sussex alla vetta delle classifiche pop
Dopo una lunga discussione, le suore di clausura inglesi si sono messe le cuffie e hanno dispiegato il loro canto francescano unendosi a tastiere e sintetizzatore. E hanno sbancato la classifica pop con il cd «Luce per il mondo». «Non ci aspettavamo nella maniera più assoluta questo successo, non lo immaginavamo nemmeno. Pensavamo di aver realizzato qualcosa per i nostri cari, un piccolo dono per loro».
Suor Gabriel e suor Geraldine-Marie sono le portavoci delle clarisse di Arundel. Parlano al telefono dal monastero in cui vivono, nella campagna del Sussex. Hanno mescolato, con l’apporto tecnico della casa discografica Decca, laudi di San Francesco e di Santa Chiara, inni sacri e testi medievali, all’elettronica. «C’è stato un ampio dibattito all’interno della nostra comunità se accettare o meno la proposta, avevamo paura, eravamo in apprensione, non siamo un coro professionale anche se cantiamo tutti i giorni. Non siamo noi quello che cercate, abbiamo spiegato».
E poi? «Hanno insistito, sono venuti a trovarci due produttori e compositori, James Morgan e Juliette Pochin, che ha lavorato con noi come direttore del coro. Hanno bussato alla nostra porta con le loro tastiere e la loro attrezzatura. Dapprima si sono uniti alle nostre preghiere, hanno partecipato alle nostre funzioni. In un secondo momento ci hanno proposto, prima del nostro sì, di fare una session all’interno del monastero, per vedere se funziona attualizzazione laudi e canto gregoriano con musica elettronica».
Dalle suore, i due musicisti non erano separati da una griglia ferrosa, come vuole l’immaginario della clausura. Gran parte della musica è inedita. «Hanno apprezzato l’acustica della nostra Cappella». Ma com’è nato il progetto? «Loro stavano rintracciando una realtà simile alla nostra. Noi siamo una comunità contemplativa. È stata una grande avventura, siamo rimaste colpite dal rispetto e dalla discrezione, così abbiamo dissipato i dubbi nel rendere pubblici i nostri canti. E il nostro messaggio è: se in questo periodo siete a casa, ansiosi o depressi, ovunque voi siate, c’è una comunità di donne e noi siamo qui, e siamo qui con voi».
Dicono che dal cd («i profitti andranno in beneficenza, dobbiamo ancora decidere a chi») si riflette la gioia e il senso di benessere, ma anche il ritmo della loro vita, il respiro di inni, salmi, gospel: «Portiamo pace e amore con la musica, che fa parte della nostra preghiera quotidiana, è un modo di esplorare il mistero di Dio, noi ascoltiamo ogni genere di musica che elevi l’animo, non necessariamente quella sacra, ci uniamo nel canto ogni due-tre ore, alle 15 e 30 facciamo pausa per il tè».
Non esistono precedenti di cori di suore, a parte il film «Sister Act». Si ricordano, negli anni Novanta, un album di canti gregoriani di monaci benedettini, il francese Eric Lévi col suo mix di canti medievali ed elettronica, e il gruppo Enigma che scivolava addirittura nella dance. «Molte persone — dice suor Gabriel — ci hanno scritto email raccontando il conforto e il sollievo che hanno ricevuto dal nostro album, in questo momento di difficoltà di salute ed economica. Il lockdown lo stiamo scontando anche noi, che siamo 23 suore di clausura. Benché separate, prima della pandemia venivano in visita al monastero familiari e amici».
Com’è la vostra vita quotidiana? «Viviamo nella regola di Santa Chiara quando nel 1212, ad Assisi, lasciò la sua famiglia aristocratica seguendo Gesù sulle orme di San Francesco. Semplicità e fraternità». C’è chi ha detto che avete festeggiato il successo del cd con un bicchiere di vino: è vero? «No, il vino lo beviamo raramente e non è stato in quest’occasione. Abbiamo condiviso la gioia tra noi sorelle». Avete visto Whoopi Goldberg in «Sister Act»? «È divertente e abbiamo riso tanto».
di Valerio Cappelli - Corriere.it
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