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Matteo Cimarra, francescano che custodiva pozzo acqua miracolosa

Il beato vescovo

Un predicatore che fece “indirettamente” miracoli, grazie all’acqua purificatrice e guaritrice di un pozzo adiacente la sua abitazione. Secondo quanto la tradizione ci fa conoscere. nel quartiere popolare di Sabato ad Agrigento nacque nel 1377, da genitori oriundi spagnoli, Matteo Cimarra, umile servo di Dio, fervido assertore di quella «Pace» e di quel «Bene» che Francesco d’Assisi predicò ardentemente.

L’ACQUA CHE GUARISCE
Balarm.it riporta la storia dell’acqua miracolosa del pozzo che si trovava presso la casa, di Cimarra, divenuto prima frate francescano e poi autorevole vescovo. Secondo la tradizione era stato lo stesso frate, che la Chiesa ha proclamato beato, a rivelare in sogno ad una partoriente che aveva continue febbri, quell’acqua miracolosa: “Bevi di quest’acqua, che non morirai, ed ognuno, che patirà di quartana, e beverà quest’acqua guarirà” disse fra Matteo in sogno alla donna, come leggiamo nel Leggendario francescano. Bevve e partorì un figlio maschio.

LA GUARIGIONE DEL FIGLIO
La madre di lei “atteso che tenendo infermo un suo figliuolo aggravato di quartana” diede anche a lui l’acqua miracolosa e anche quello subito guarì e “molti altri bevendone si liberarono dal medesimo male”. Ed è “fama pubblica nella Città di Girgenti, che bevendo l’acqua del pozzo del Beato Matteo gl’infermi ottengono la sanità, conforme l’hanno ottenuta infinite persone”, conclude il Leggendario, riguardo a questo miracoloso pozzo.

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SAN BERNARDINO
Cimarra, ancora adolescente, vestì l'abito dei Francescani e fece parte dell'ordine dei francescani conventuali della sua città, ma rimase nel convento di San Francesco ad Agrigento poco tempo perchè l' Ordine lo inviò prima a Bologna e poi in altre sedi. Tra il 1417 e l’inizio del 1418 incontrò San Bernardino e la fama di santità, il programma di vita francescana di S. Bernardino lo conquistarono, così divenne suo discepolo. Nel 1442 fu vescovo prima Girgenti e poi ad Agrigento.

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LE DUE GRAVI ACCUSE
Per la sua generosità verso i poveri venne accusato presso la Santa Sede di dilapidare i beni della Chiesa. Secondo varie testimonianze infatti, egli rinunciò a tutti i proventi ecclesiastici in favore dei poveri, riservandosi soltanto lo stretto necessario per sé e per coloro che collaboravano con lui. Venne anche accusato di godere di una donna carnalmente, ma nel processo svoltosi alla corte pontificia si dimostrò l'innocenza del vescovo Matteo e il Papa lo assolse da ogni accusa e gli confermò la sua fiducia restituendogli la sede episcopale. Morì nel 1450 a Palermo. È stato beatificato per equipollenza da papa Clemente XIII nel 1767.

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