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Mons. Accrocca: L'approvazione della Protoregola da parte di Innocenzo III

Una scena che presenta un dettaglio anomalo, per nulla innocuo

Nel ciclo francescano della basilica superiore di Assisi la scena settima è dedicata all’approvazione della Protoregola da parte di Innocenzo III nel 1209: il gruppo dei frati, tutti alle spalle di Francesco e in ginocchio davanti al pontefice, tengono le mani giunte, come nell’atto di promettere obbedienza; il papa, sul trono, indossa la tiara, com’era solito fare quando presiedeva un concistoro; seduto alla sua sinistra è forse il cardinale Giovanni di San Paolo, che un ruolo centrale ebbe in tutta la vicenda, mentre alle spalle del pontefice i due con barba sono – con tutta probabilità – i bullatores, coloro cioè che dovevano chiudere il documento apponendo il sigillo plumbeo: frati cistercensi illetterati, scelti appositamente per quel compito proprio perché – non capendone il contenuto – non avrebbero potuto divulgare quanto era scritto nei documenti.

 La scena presenta un dettaglio anomalo, per nulla innocuo: un cartiglio – tenuto sollevato in aria da Francesco, da un lato, e dal pontefice, dall’altro – evidenzia le parole iniziali del testo della Regola, corrispondenti però a quella definitivamente approvata da Onorio III nel 1223. Un anacronismo, dunque. Fu un errore casuale? Una sovrapposizione inconscia? Per nulla, poiché proprio tale artificio consentiva alla committenza di affermare che l’Ordine francescano era stato ufficialmente riconosciuto dalla suprema autorità ecclesiastica ancor prima del Concilio Lateranense IV del 1215, che nella costituzione 13 aveva messo in guardia contro la «confusione» generata dalle molteplici forme di vita religiosa che chiedevano l’adozione di nuove regole; d’allora in poi, chiunque avesse voluto «convertirsi» alla vita religiosa avrebbe dovuto abbracciare una delle forme «già approvate»; allo stesso modo, chi avesse voluto fondare ex novo un istituto religioso avrebbe dovuto far riferimento alla regola e alle istituzioni di un Ordine già approvato.

Francesco di Assisi, tuttavia, riuscì a ottenere una deroga alle decisioni del concilio, potendo in tal modo vedere confermata la “sua” Regola. L’azzardata decisione, che poteva costituire – e di fatto costituiva – un precedente pericoloso per la Curia romana, fu resa possibile grazie a una fictio iuris di cui tutti erano consapevoli, compreso lo stesso Francesco (poco dopo un’identica concessione, per le stesse motivazioni, sarà estesa anche ai carmelitani). E che si trattasse di una “finzione giuridica” lo mostra il fatto – poco o nulla sottolineato dalla storiografia – che nella prima opera del corpus agiografico francescano, la Vita beati Francisci di Tommaso da Celano (1228-1229), nulla si dicesse della conferma da parte di Onorio III, limitandosi l’agiografo a ricordare l’approvazione data da Innocenzo III. Il percorso sarebbe dunque iniziato e si sarebbe concluso con quel grande pontefice: questo è quanto si voleva far credere e l’affresco assisano ne costituisce una riprova.

Il pontefice e quanti sono ai suoi lati e alle sue spalle non concentrano gli sguardi su Francesco e i frati che l’accompagnano, il che ha dato motivo di ipotizzare che in un primo momento la scena fosse stata progettata in modo diverso, con Francesco in piedi. Tuttavia, anche nell’iconografia precedente lo sguardo del pontefice e dei prelati che l’attorniano non era concentrato su Francesco, come rivelano, ad esempio, la tavola di Coppo di Marcovaldo (Francesco e venti storie della sua vita) conservata presso chiesa di S. Croce in Firenze, all’interno della Cappella Bardi (anni 1243-1245), o quella conservata in Pistoia, presso il Museo Civico (Francesco e otto storie della sua vita, ca. 1255). Come si vede, Giotto (o chi per lui) continua a far discutere, segno inequivocabile di un’arte che supera i confini del tempo. (Rivista San Francesco - clicca qui per scoprire come abbonarti)

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