San Francesco e i poveri di ieri e di oggi
L'attenzione e l’amore di San Francesco per i bisognosi
Il mantello a un povero: è l’immagine simbolo dell’attenzione e dell’amore di San Francesco verso i bisognosi, i derelitti, i dimenticati dagli uomini, ma non da Dio. Giotto, il maestro dei colori, in quel fotogramma racchiude esperienze, visioni, messaggi che il Santo d’Assisi - dal giorno in cui ha deciso di essere lui stesso povero tra i poveri - vive sulla propria pelle. Il passaggio di vita, il cambiamento radicale che vive nella sua biografia è espressione di un cambiamento di rotta della Chiesa dell’epoca. E, ora, a distanza di secoli, ci troviamo di fronte al capo della stessa Chiesa, Papa Francesco, che rievoca quell’immagine indelebile nella memoria non solo dei cultori d’arte, ma in ogni credente.
San Francesco e la povertà: legame indissolubile. Non è possibile, infatti, pensare al Serafico Padre senza includere i poveri. In fondo, ormai è divenuta nostra abitudine chiamarlo “Il Poverello d’Assisi”: e se lo chiamiamo così, un perché ci sarà. Frate Francesco compie un gesto: gestus in latino si traduce sì, “gesto”, ma anche “atteggiamento”. E’ interessante comprendere, dunque, che proprio in quell’azione (in quel gesto, appunto) si racchiude una storia che segnerà il cammino della Chiesa per sempre. San Francesco opera con i gesti, non solo con le parole. L’ex spensierato cavaliere, da quando lascia la casa natale, non fa altro che compiere azioni, gesti, movimenti del corpo che sono movimenti dell’anima. Da questa, nascono le azioni verso i poveri.
La carità, per lui, è dinamismo: è muoversi. E’ andare incontro. Era andato incontro al Crocifisso di San Damiano e ne era uscito cambiato; era andato incontro ai lebbrosi e ne esce mutato nell’animo. La povertà e l’incontro con essa, ti cambia la vita. Non c’è che dire. Lo sa bene Francesco che proveniva da ricca famiglia che mai aveva “incontrato” la povertà. Ma il santo d’Assisi cambia tutto, rivoluziona tutto con la sana follia del Vangelo. Il mutamento da ricco a povero, in San Francesco, non è - ovviamente - un atteggiamento solo esteriore. Non si tratta, per lui, di donare semplicemente quel mantello al povero. E’ molto di più. In quel mantello ci sono parole, ci sono pensieri, ci sono ideali da condividere con chi la povertà la vive ogni giorno, sotto il cielo stellato di Dio. Solo le stelle che sono gioielli.
Le stelle e la povertà. Quando si entra nella basilica inferiore di San Francesco non possiamo non essere catturati, letteralmente, da quel blu topazio contrappuntato di stelle argentate. L’argento è colore ricco, prezioso. Appartiene ai damaschi, alle stoffe pregiate che chissà quante volte Francesco ha visto nella bottega del padre. Eppure quelle stelle, poste lì, indicano a ogni uomo sulla terra che l’unica vera ricchezza è quella del Cielo. San Francesco lo aveva compreso bene e persegue questa idea per tutta la vita, spogliandosi interamente di tutto il suo passato: ecco il cambiamento, ecco l’atteggiamento dell’homo novus, così lo definirebbe San Paolo.
Ma allora, San Francesco divenuto povero, come aiuta i poveri? Logicamente sarebbe impossibile. Vero. Ma lui va oltre alla logica perché è già in Paradiso: corre il “rischio” di condividere quel poco che avrà, almeno materialmente. Nella povertà scopre qualcosa che segnerà per sempre la sua esistenza e quella dei frati che gli erano vicini, dei frati che lo seguiranno: la condivisione, appunto. Condividere, dividere con. E il primo che gli ha insegnato a condividere con il fratello è Cristo: ha spezzato il pane, e lo ha dato agli apostoli. Istituzione dell’Eucarestia, sì. Ma anche istituzione della condivisione. Nuovo possibile sacramento? Francesco lo ha fatto, e continua ancora oggi su quella strada. (Rivista San Francesco - clicca qui per scoprire come abbonarti)
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