San Lorenzo da Brindisi, il frate che sconfisse Maometto III
Il frate descritto a cavallo a capo della legione d'Ungheria. Non è un controsenso e vi spieghiamo perché
Cappellano dell’armata imperiale d’Ungheria, grande nella sua fede, umile nella sua santità francescana, guidò eserciti a difesa del Cristianesimo e li condusse alla vittoria nel nome di Cristo. San Lorenzo da Brindisi, al secolo Giulio Cesare Russo o de Rossi (Brindisi, 22 luglio 1559 – Lisbona, 22 luglio 1619), sacerdote dell’Ordine dei Minori Cappuccini, è stato un frate guerriero, molto amato per le sue gesta.
FRATE VIRTUOSO E AMMIRATO
Ma non è un controsenso quello del frate guerriero che addirittura guida un esercito in una battaglia? Non è così. E vi spieghiamo perché. Leone XIII che canonizzo' nel 1881, lo definisce così: «Dovunque potente in parole ed opere, dovunque esempio di virtù, estirpatore degli errori e dei vizi, difensore della religione, vindice della pontificia autorità».
LA RICHIESTA DI RODOLFO
Rodolfo, imperatore d'Unghiera (Lorenzo si trovava nel Paese per evangelizzare, non per guerreggiare!) lo conobbe e lo trovò una persona scaltra e colta. In un momento di difficoltà, gli chiese un aiuto importante. Quello di scendere in campo a difesa dell'Ungheria. Maometto III, avanzatosi verso il Danubio, mostrava il disegno d’invadere il Paese. Rodolfo levò un esercito e invitò tutti i principi di Alemagna, cattolici e protestanti, a congiungersi con lui per la difesa della cristianità. Ma temendo che i suoi inviti non fossero abbastanza efficaci, mandò loro anche il padre Lorenzo. Che riuscì nell'impresa di coalizzare tutti contro Maometto.
LA BATTAGLIA: LORENZO A CAVALLO
Ma la sua missione non finì così. Gli fu chiesto, direttamente dal Papa, di partecipare alla battaglia a difesa del territorio ungherese. Un comportamento legittimo secondo la Dottrina della Chiesa Cattolica, che tutela la difesa dei propri confini, nel caso si viene attaccati, come stava avvenendo con i turchi di Maometto III.
Lorenzo obbedì. Appena giunto al campo si ordinò l’esercito in battaglia davanti a lui. «Il santo religioso - si legge in Storia universale della chiesa cattolica dal principio del mondo sino ai dì nostri dell’abate Rohrbacher - colla croce in mano arringò i soldati, e li affidò formalmente di sicura vittoria , indi li preparò al combattimento colla preghiera e la penitenza. Il giorno della battaglia, il capitano supremo dei Turchi presentò ottantamila uomini; il generale dei cristiani non ne aveva che diciottomila. Sorpresi da tale differenza, alcuni ufficiali dell’imperatore, anche dei più intrepidi, consigliavano di operar con prudenza e di ritirarsi nell’interno del paese (…)».
IL DISCORSO AI MILITARI
Il frate francescano, a cavallo, si pose nella prima linea vestito del suo abito religioso. «Allora, sollevando un crocifisso - si legge nella Storia di Rohrbacher - si volse alle schiere e parlò ad esse con tanta forza che non vollero aspettar l’assalto dei Turchi. Questi dal canto loro ricevettero con fermezza i cristiani, e lo scontro fu terribile. Il p. Lorenzo fu per breve istante intorniato dagli infedeli; ma i colonnelli Rosbourg e Altain, accorsi per difenderlo, lo trassero dal pericolo e lo scongiurarono di ritirarsi, dicendogli che non era quello il suo posto (…). I cristiani ricominciano la carica, e il nemico, percosso da terrore, si dà alla fuga da tutte parti. Questa battaglia fu data l’11 ottobre 1611 [la battaglia di Albareale, ndr]. Il 14 dello stesso mese ne fu combattuta un’altra con vittoria dei cristiani, a tal che i Turchi si ritrassero al di là del Danubio dopo perduti trentamila uomini. Non è possibile di esprimere i sentimenti di ammirazione che il p. Lorenzo aveva ispirato ai capitani ed ai soldati».
"PIU' DI TUTTO L'ESERCITO"
Il duca di Mercoeur, uno dei comandanti dell'esercito, dichiarò che padre Lorenzo «aveva operato più esso solo in quella guerra che non tutto insieme l’esercito, e che dopo Dio e la s. Vergine bisognava attribuire a lui le due vittorie».
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