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Venerdì Santo, la Croce di San Francesco

Il rapporto del Santo con la Croce

“La fede nella croce assomiglia straordinariamente ad un continuo suicidio della ragione”, scrive così il filosofo che vedeva in quella Croce la morte di Dio, il tedesco Friedrich Wilhelm Nietzsche. Paolo di Tarso gli fa eco nella sua Prima Lettera ai Corinzi, al capitolo primo: “Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo Crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio”. Sintesi: la Croce ha sempre destato scandalo, non c’è che dire. Per questo motivo, allora, non sorprenderà se Francesco d’Assisi amava autodefinirsi un “novello pazzo” riferendosi proprio a San Paolo.

Il dialogo con la Croce, in San Francesco d’Assisi ha portato sempre frutto. È grazie a un crocifisso che nasce la sua nuova vita. Ed è grazie alla contemplazione della Croce che nascono parole d’amore e pace che il frate d’Assisi indirizzerà all’umanità di tutti i tempi. È grazie a un crocifisso che si delinea per lui il progetto di una Chiesa vicino ai bisognosi. Si comprende, allora, più che bene quando Francesco dice: “Non ho bisogno di molte cose: conosco Cristo povero e crocifisso”. In quelle assi di legno incrociate su cui viene ucciso Cristo c’è tutta l’iperbole della sua vita.

C’è un quadro del pittore spagnolo Bartolomé Esteban Murillo - realizzato circa nel 1668 e conservato nel Museo di belle arti di Siviglia in Spagna - dal titolo “San Francesco abbraccia Cristo crocifisso”. La composizione simboleggia il momento culminante della vita di Francesco d'Assisi, cioè quando decise di rinunciare a tutti i suoi beni materiali per abbracciare la vita religiosa. Accanto alla croce, due angeli reggono un libro aperto che reca in latino il passo del Vangelo secondo Luca che dice "Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo". Anche il globo sul quale Francesco poggia il piede, quasi a spingerlo lontano, simboleggia il mondo terreno che egli rifiuta e abbandona per diventare discepolo di Gesù.



Piango la Passione del mio Signore. Per amore di Lui non dovrei vergognarmi di andare gemendo ad alta voce per tutto il mondo” dice. Ma il suo non è solo “dire” è soprattutto “fare”. E’ la nota “follia della Croce”. Una pazzia che consiste per Francesco non solo nel contemplare la bellezza di quell’Uomo in Croce, ma nel voler vivere secondo il Vangelo, prendendolo alla lettera. Forse, questa potrebbe definirsi la vera follia di Francesco.

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