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Vivere poveri tra i poveri vocazione primigenia

È la natura propria del francescanesimo

Francesco visse due anni da solo dopo la sua conversione, finché alcuni uomini di Assisi si avvicinarono a lui. In una chiesa della città, il Signore rivelò loro la vita secondo la forma del Vangelo: scelsero perciò di vivere del lavoro delle proprie mani, in piena comunione con la Chiesa, cercando di “imitare l’umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo”, rallegrandosi se venivano a contatto con “persone vili e disprezzate”, con “poveri e deboli e infermi e lebbrosi e mendicanti lungo la via” (Rnb IX,1-2: FF 29-30). La povertà era, per Francesco e per i suoi compagni, una scelta di campo, il modo concreto per seguire le orme di Cristo, di Colui che “ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà” (2Lf 5: FF 182).

Dopo un certo numero di anni essi definirono il loro codice di vita, che ebbe definitiva conferma da Onorio III nel 1223: la Regola francescana si concretizza nel programma di osservare la povertà, l’umiltà e il Vangelo di Gesù Cristo, in comunione con la Chiesa e in obbedienza alla Chiesa, e porta impressa su di sé l’orma dell’Assisiate. Nella parte centrale del capitolo VI sembra quasi di udire la voce di Francesco, che in modo personale e diretto esorta i suoi frati: “Questa è la sublimità di quell’altissima povertà, che ha costituito voi, fratelli miei carissimi, eredi e re del regno dei cieli, vi ha fatti poveri di cose e vi ha innalzati con le virtù. Questa sia la vostra parte di eredità, che conduce nella terra dei viventi. E aderendo totalmente a questa povertà, fratelli amatissimi, non vogliate possedere niente altro in perpetuo sotto il cielo, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo” (Rb VI,4-6: FF 90).

Egli aveva intuito di dover operare una scelta di campo che finiva per esprimersi anche in una scelta di campo sociale, perché il Figlio di Dio aveva vissuto poveramente venendo tra gli uomini. Da questa convinzione scaturì il divieto di accettare, raccogliere o anche solo toccare denaro, un’opzione, questa, che dava concretezza alla sequela Christi, mantenendo viva la condivisione con i poveri e gli emarginati che sono il segno distintivo della presenza di Cristo Signore nel mondo e suoi vicari, perché da Cristo stesso eletti a rappresentarlo (Mt 25,3146).

Tale convinzione non venne mai meno in Francesco, ed egli – esperto conoscitore della seduzione che sa esercitare il denaro – su tale aspetto manifestò accenti di vera e propria durezza. Sapeva bene, infatti, che non è l’uomo a possedere il denaro, ma il denaro a possedere l’uomo, e l’uomo ha un valore immenso agli occhi di Dio, che l’ha comprato “a caro prezzo” (1Cor 6,20), e non può permettersi di perdersi per così poco… Vivere poveri tra i poveri costituisce così la vocazione primigenia, la natura propria del francescanesimo, che nei poveri riconosce il volto di Cristo e nella loro carne la carne del Signore crocifisso e risorto.  (Rivista San Francesco - clicca qui per scoprire come abbonarti)

 

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