UN FOLLE DI NOME FRANCESCO
L’accenno di un tuffo schiude l’azzurro increspato del torrido ottavo.
Immergi appagato le membra in fresche acque, tutto attorno rallenta.
Bollicine d’ossigeno risalendo ti lusingano la pelle,
ti scolorano gli immorali segni e detergono l’anima.
L’empireo inesprimibile, ora, t’appartiene.
Ecco, così io sento,
così sente la mia anima,
cosi sentono i miei sensi
al mio primo immeritevole passo
entrando in Assisi.
Non puoi comprendere se luogo ignori.
Non puoi afferrare se a te vesti trattieni.
Non puoi immergerti se serri chiavistelli.
Non puoi concepire se feto non torni.
Non puoi…
Francesco è ovunque, lo ascolti, lo respiri, lo scorgi.
Vive nelle pietre rosa e bianche delle case accostate,
nell’arco che dolcemente sostiene l’adorata Chiara,
nel bosco dell’eremo e nel profumo della Porziuncola,
nella serena beatitudine del viandante al rivo torto.
Francesco entra dentro, raggiunge le cellule,
lo senti approssimare all’intimo più profondo.
Non puoi resistergli, non vuoi resistergli.
Pentagrammando dolcemente ti circonda.
È il cerchio che muove tra Dio e l’uomo.
Articolare terrene spiegazioni non puoi,
nemmeno Bernardone l’ha mai accarezzate.
È prodigio, è purezza, è fede toccata e colta.
È quella folle dolce trascinante follia
che porti via con te e che ora tutto sposta.
Non provare ad imprigionarlo in recinti allegorici.
Lui non è cavallo troiano al servizio dell’uomo d’oggi.
Non è agevole ecologista, perche lui “è” natura,
non è vita a tutti i costi, perché ama sorella morte,
non è bieco simbolo di pace perché lui “è” pace.
Francesco è follia, una splendida indispensabile follia.
In un mondo assolutamente schierato e prevedibile,
la sua lucida pazzia, è strumento che scombina la retorica.
È un’idea di cambiamento, di riscatto, di letizia,
un modo di essere e vedere il mondo con occhi diversi.
Alessandro Porri
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