Trittico Francescano - Frate Falcone
Riceviamo e pubblichiamo una poesia di don Giuseppe Frediani
Nel crudo sasso, a notte alta ripara
una pia fronda i due semplici amanti;
e Donna Povertà soave e cara
regge il capo che ha già il nimbo dei santi.
Sacro il silenzio e pure è la vigilia
ma, come in quei che ad occhi aperti sogna,
dal corpo lasso l'anima s'esilia:
il Mendico di Cristo erra in Bologna
Va con la Donna sua, di soglia in soglia,
chiedendo i resti d'umil vivande;
bevono a una fonte che gorgoglia,
poi guard fiso ad una casa grande.
Come ridea nel pieno mezzogiorno,
la bella casa francescana al sole!
Il Mendicante guardandosi attorno
stringe una mazza senza far parole;
e percuote e travolge in furor sacro,
come il Maestro armato dei flagelli;
poi siede sopra la rovina e il sacro
viso inonda di pianto; O miei fratelli,
o miei fratelli, miei Frati Minori,
che ne sarà di voi, e che del mondo?
Che sarà quando avrete dei tesori?
Nè più vi sarà tetto il ciel giocondo?
E Povertà lo bacia sulla fronte
le tenui dita asciugano il gran pianto.
Ecco ecco un serafino all'orizzonte
par come una stella, e tremola il suo canto.
Sfiora l'archetto dolcissimamente
le corde di un'eterea viola:
ora Francesco pungere non sente
il pianto più, ma beve una parola
deliziosa che nel cuor gli scende
e che lo nutre di speranza bella;
é come luce, e dentro vi risplende
la gloria della gente poverella
Un alto stramazzare, un rauco grido
riscossero l'asceta umile e gramoM
e vide egli il Falcone, amico fido,
che lo guardava dal suo verde ramo.
Gli fece un breve cenno; esso di botto
calò mettendo liete e grida strane.
"Qua cattivello mio, prendi il tuo scotto"
E gli porgea a briciole il suo pane.
"Me, vedi. è colpa tua se, col mattino
alto, sono sempre al Domine, fratello"
E colui che intende bene il latino
piegò il capo a pietà del poverello.
Il dolce Padre se lo tolse in mano,
lo carezzò paternamente e disse:
Or va', loda il SignoreM e nel sovrano
Ed ecco ,dal profondo della selva,
usciano starne, tortore, colombe,
e lunghi e lieti mugolii di belva,
squillo di corni e clamore di trombe:
e tutta delle cose la famiglia,
erbe animali e fiori, dopo il riposo,
e la vasta del sole meraviglia,
rise d'intorno al suo re grazioso.
Laudato sii, Signore, per frate Sole,
che spunta grande sulla creazione,
che scalda i vermi e nutre le viole
e di te porta significazione.
Laudato sii, Signor per frate Fuoco,
per la luna e le stelle e l'acqua e il vento
per tutto che ci dai, sollazzo e gioco,
luce, calore, veste e nutrimento.
Laudato sii, dolcissimo Signore,
per tutte le tue belle creature:
noi le macchiamo e mettemmo in furore,
tu le creasti mansuete e pure.
E sii laudato per frate Falcone
che ne' tuoi cielo altissimo si gira;
per l'allegrezza di questa canzone,
che la tua grande cortesia mi ispira.
O Francesco, miracolo profondo,
che giaci nudo sulla nuda terra
e canti lieto vivere del mondo,
schiudi l'anima che il tuo cuor ci serra.
O tu, che scruti quello che Dio pose
nel semplice e profondo essere mio:
Io son colui che amò tutte le cose
fuor che se stesso, e nelle cose Iddio.
Io son colui che si vuotò di tutto,
ed il vuoto sentì pieno di cielo;
che sulla terra colse un ricco frutto
dalla pia nudità dell'Evangelo.
Io son colui che alla ricchezza eterna
il suo nulla cantò puro e giocondo,
Io vo, Frate Minore, alla mia guerra
scalzo, senza bisaccia Né bordone
e, giullare di Dio sopra la terra,
altra cosa non ho che la canzone
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