Tg1 dialogo puntata numero 71 - Il ruolo delle donne nei paesi arabi
Quando si affrontano tematiche che riguardano altre culture, bisogna conoscere quelle stesse civiltà, pena il fallimento di qualsiasi approccio corretto. <br><br> Un atteggiamento di superiorità culturale, vero o presunto che sia, genera nell’altro antipatia, diffidenza e opposizione. Questo riguarda, a maggior ragione, i progetti di cooperazione internazionale, che non possono prescindere da una lunga fase di apprendimento che mira alla conoscenza ed alla comprensione della cultura e del luogo in cui si svolgerà il progetto. L’Occidente, spesso, si è imposto sulle altre popolazioni, sentendosi culturalmente ed economicamente superiore. In realtà, se solo pensassimo di quanto la civiltà europea sia debitrice nei confronti di quella araba, capiremmo di avere il dovere ed il buon senso di mostrarci un po’ più umili e, spesso, meno spavaldi. Anche le tematiche che riguardano le donne, spesso partono da presupposti e punti di riferimento tipicamente occidentali, che non coincidono con quelli delle donne arabe e che vanno, invece, studiati e considerati. <br><br> Le problematiche legate alla posizione, non troppo felice, della donna nella complessa e varia società arabo-islamica, non sono del tutto dovute all’Islam che, nel suo reale significato, vuol dire sottomissione all’unico Dio creatore, nel segno dell’amore, della pace e della fratellanza. Grazie ad esso la donna è stata elevata al rango di figlia di Dio, in un rapporto perfettamente equo rispetto all’uomo e, soprattutto, riscattato rispetto a quelle che erano le consuetudini pre-islamiche, in cui erano praticamente assenti diritti e tutele per le donne. Purtroppo, vanno presi in considerazione, ancora oggi a distanza di quasi 14 secoli, quelli che erano i retaggi culturali degli Arabi dell’Età dell’Ignoranza (ossia, antecedente l’Islam), così come delle popolazioni che vennero in contatto con loro. <br><br> Basti pensare all’uso del velo, che ha origini antichissime, che si trovano documentate sia nel Codice di Hammurabi che nella Legge Assira, di poco posteriore. Sicuramente, quella società di stampo rigidamente patriarcale, nella quale la donna era così sminuita che la nascita di una bambina, per i suoi familiari, era cosa talmente vergognosa che, spesso, la si copriva con l’atroce uccisione della neonata, si trovò in forte contrasto con gli insegnamenti predicati da Maometto. I quali miravano, invece, ad elevare la donna al rango di essere umano, degno di amore e di rispetto, titolare di diritti e di doveri, tanto quanto l’uomo. Già i contemporanei del Profeta non riuscivano a capacitarsi della tanta dolcezza che egli dimostrava, non solo alle sue mogli ma all’universo femminile in generale. Molti uomini gli furono talmente ostili che fecero di tutto per ripristinare una condizione di dominio maschile. E riportarono un’importante vittoria, dopo una tenace “campagna” di ostilità e agguati organizzati, mirati ad importunare pesantemente le mogli di Maometto e allargandosi, in breve, a tutte le donne che camminavano per la strada, al punto che esse rischiavano di essere violentate in qualsiasi momento, fuori dalla loro casa. <br><br> La conseguenza infausta fu che si fece ricorso al velo per distinguere le donne rispettabili dalla schiave. Le prime vennero salvate dalle bramosie sessuali ma condannate alla segregazione progressiva; le seconde furono, semplicemente, lasciate in pasto alle belve. Maometto si era opposto con tutte le sue forze a questa soluzione, finché la situazione era diventata estremamente tesa ed insostenibile; egli prevedeva, infatti, le conseguenze che l’uso del velo avrebbero comportato. Non era certo questo che intendeva, quando predicava un trattamento equo per il genere femminile! Il velo, dunque, di antichissima tradizione e simbologia semitico-assirobabilonese, tornò in auge ed aumentò sempre più in grandezza, sino ad avvolgere tutto il corpo della donna, spesso anche il suo sguardo.
la cripta
di San Francesco
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San Francesco