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TG1 DIALOGO: SE IL PROGRESSO PORTA INCERTEZZE. LE PAROLE DEL CARDINALE PAROLIN

L'Omelia nella Solennità dell’Immacolata Concezione

Assisi, Basilica di San Francesco, 8 dicembre 2014

 
Cari fratelli e sorelle in Cristo,

Assisi da circa ottocento anni è sinonimo di pace e di profondo rinnovamento spirituale. Qui nacquero, vissero e morirono San Francesco e Santa Chiara, le cui vite hanno reso celebre in ogni angolo del pianeta la vostra bella città. I capolavori d’arte e di storia che pellegrini e turisti visitano ammirati, sono nati dalla fede ed essa si è irrobustita nell’incontro con questi due santi, che hanno trasformato il destino di Assisi, donandole il suo posto nella Chiesa e nel mondo.

Celebrare la festa dell’Immacolata Concezione di Maria Vergine insieme a voi in questa Basilica che racchiude le spoglie mortali del Poverello d’Assisi, colma delle preghiere di tante generazioni di fedeli, è fonte di gioia e motivo di ringraziamento al Signore.

Ma questa lode e questo ringraziamento diventano giubilo, se il pensiero va alla Vergine Santissima, grazie al cui “” ha potuto fare il suo ingresso nel mondo il Figlio Unigenito di Dio, Gesù Cristo, nostro Signore e Redentore.

Le pagine della Scrittura che oggi abbiamo proclamato ci parlano del dramma della disobbedienza della creatura e della benevolenza del Creatore, della ribellione e del peccato dei progenitori e della promessa della salvezza da parte di Dio. Ma ci parlano soprattutto di Maria, la “tota pulchra”, preservata da ogni macchia di peccato e il cui umile e definitivo sì all’Angelo Gabriele, ha permesso a Dio di farsi uomo.

E’ la giovane donna di Nazaret che permette a Dio di portare a compimento il suo piano di salvezza e di pace. Come afferma infatti Sant’Anselmo, Dio, “mentre aveva potuto creare tutte le cose dal nulla, dopo la loro rovina non volle restaurarle senza Maria” (Dai «Discorsi» di sant'Anselmo, vescovo. Disc. 52; PL 158, 955-956). Sono i gioiosi paradossi della nostra fede, che vede l’umiltà innalzata e la superbia sconfitta e permette a una donna della periferia del mondo antico di diventare per tutti i tempi la Madre di Dio, centrale nella storia della salvezza e nelle anime dei credenti.

L’essere umano ha bisogno di salvezza, di un intervento gratuito di Dio che ne risollevi le sorti. Ce lo ricorda il brano tratto dal libro della Genesi che abbiamo ascoltato. In esso è risuonata la domanda del Signore: “Adamo, dove sei ?

 

Questo interrogativo è di perenne attualità. Adamo è il primo uomo, ma anche figura di ogni uomo. A causa del peccato l’uomo – tanto Adamo quanto l’uomo di oggi – tenta di nascondersi agli occhi di Dio, mentre in realtà si nasconde soprattutto a se stesso, smarrendo la capacità di riconoscersi immagine e somiglianza di Dio e smarrendo perciò la giusta direzione in cui camminare.

Il nostro è un tempo nel quale il progresso tecnico-scientifico ha portato tanti benefici alla vita umana, ma si accompagna a una incertezza di valori morali che mette a rischio la dignità della persona.

La festa dell’Immacolata Concezione getta luce sulla nostra umanità e la Parola di Dio ci propone oggi come due quadri, che propongono due eventi decisivi per la storia dell’umanità, l’uno tratto dal libro della Genesi e l’altro dal Vangelo.

Il quadro iniziale descrive il cedimento della prima coppia umana alla seduzione diabolica. Per fare un’esperienza di libertà e di conoscenza del bene e del male in modo indipendente dal disegno del Creatore, viene violato il comandamento di Dio, con l’esito tragico del decadimento della condizione umana, d’ora in poi segnata dal peccato, con la morte quale sigillo di tale condizione. Ma su questo disastro si leva già l’annuncio della misericordia. “Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” (Gn. 3,15).

In queste misteriose parole si delinea all’orizzonte la salvezza che verrà portata da Gesù. La stirpe di donna che schiaccerà la testa al serpente è il Redentore: è Colui che nasce dal grembo della Vergine Santissima, totalmente sottratta al dominio del peccato e dunque aurora di salvezza per l’umanità.

Nel Vangelo di Luca quello che nella genesi è abbozzato, diventa una luminosa realtà. Nell’Annunciazione c’è, da un lato, il sì di Dio all’uomo, dall’altro il sì dell’uomo a Dio. Il “fiat” di Maria è detto a nome dell’intera umanità. Maria è tutta “sì” alla volontà di Dio. Il peccato di Adamo non la sfiora. Ella è la piena di grazia, la tutta santa, fin dal primo istante del suo concepimento.

È questo il contenuto del dogma di fede proclamato da Papa Pio IX nel 1854. Raggiungere questa certezza non è stato facile per la Chiesa. I teologi hanno riflettuto, nel corso dei secoli, per coniugare questa verità con l’altra secondo la quale tutti gli uomini sono peccatori, e Cristo è l’unico Redentore. Com’era possibile – ci si chiedeva – che Maria fosse stata concepita senza peccato, se tutti gli uomini nascono con il segno del peccato di Adamo?

Fu un figlio di Francesco d’Assisi, il Beato Duns Scoto, a trovare la chiave capace di conciliare queste due verità: anche Maria – egli spiegò – è redenta dal Figlio, l’unico Salvatore, ma attraverso una redenzione che ha operato in anticipo, in previsione dei meriti di Cristo.

L’Immacolata Concezione canta il trionfo della divina misericordia e indica il sogno di Dio per l’umanità, voluto per ciascuno di noi fin dall’inizio della creazione, un disegno divino spiegato da Paolo nella lettera agli Efesini, quando afferma che il Padre ci ha scelti in Cristo “prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo” (Ef. 1, 4-5).

“Rallegrati piena di grazia, il Signore è con te”, (Lc. 1,28) è il saluto dell’Angelo a Maria. Rallegriamoci della presenza del Signore in Maria e tramite Lei, della sua presenza in mezzo a noi. La festa odierna non esalta solo Maria, ma anche la nostra vocazione. Guardando a Lei, sentiamo il desiderio di una bellezza autentica, che coinvolga tutta la nostra vita. Maria, la tutta bella, ci dice che è possibile rendere più bella la nostra vita e il nostro mondo e che il Signore desidera abitare con noi, diventare l’Emmanuele, il Dio con noi.

In questo cammino inaugurato da Maria troviamo anche Francesco. Giotto lo ha immortalato nel gesto in cui, spogliandosi dei suoi beni e dei suoi vestiti, si vota tutto a Dio. Egli ci invita a spogliarci della mondanità, per rivestirci di Cristo. Papa Francesco lo spiegò qui ad Assisi il 4 ottobre dello scorso anno, quando visitò al Vescovado la “Sala della spogliazione”. È bello riascoltare le sue parole: “La spogliazione di San Francesco ci dice semplicemente quello che insegna il Vangelo: seguire Gesù vuol dire metterlo al primo posto, spogliarci delle tante cose che abbiamo e che soffocano il nostro cuore, rinunciare a noi stessi, prendere la croce e portarla con Gesù. Spogliarsi dell’io orgoglioso e distaccarsi dalla brama di avere, dal denaro, che è un idolo che possiede”.

Cari fratelli e sorelle, guardiamo dunque a San Francesco, che si spogliò delle vanità del mondo e si rivestì delle stigmate di Cristo, che accolse il Vangelo “sine glossa”, riparando così la Chiesa che rischiava di andare in rovina. Rivolgiamoci a lui, che settantacinque anni fa veniva proclamato patrono d’Italia ed intercede per noi! Rivolgiamoci fiduciosi all’Immacolata! Ne abbiamo tanto bisogno per trovare il segreto di un rinnovamento e di una ripresa che non siano solo economiche e sociali, ma soprattutto morali e spirituali.

L’Immacolata, preservata da ogni peccato, ci protegga, ci indichi la strada e ci ottenga la forza di percorrerla.

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