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Come capita la vita

Una scrittura semplice e immediata per raccontare la vita di due donne che si aiutano e sostengono vicendevolmente

Cecilia è una giovane donna che ha rinunciato a sognare. Amava l’arte, desiderava dipingere, esporre le sue opere, sperava di lasciare un segno. Ma ben presto le velleità artistiche hanno fatto posto a desideri più concreti, come trovare un lavoro con cui mantenersi senza pesare sulle spalle di sua madre. E spesso le scelte di necessità costringono ad abbandonare la strada del cuore.

Vera è una ragazza minuta, con occhi innocenti e mani da bambina. Dietro a quell’aspetto apparentemente fragile nasconde un coraggio da combattente, quello con cui ha sconfitto il cancro e con cui è capace di affrontare un’intera platea di ascoltatori, scuotendo con la sua testimonianza le loro certezze sull’esistenza. Le sue parole sono come uno schiaffo per Cecilia, che da anni vive una vita in cui non si riconosce più, prigioniera anche di un matrimonio che la lascia costantemente in ombra e che l’ha allontanata ancora di più dai suoi sogni.

Quando sente per caso quella sconosciuta parlare della sfida di reinventarsi tutti i giorni, per ricostruire una vita di cui essere orgogliosa, Cecilia prova una scossa, che la risveglia finalmente dal suo torpore. L’incontro casuale tra Vera e Cecilia è l’inizio di un’amicizia speciale. Due anime affini che si riconoscono, la resilienza e la leggerezza che si completano. Da quel momento saranno inseparabili, l’una pronta a sostenere l’altra, di fronte alle scelte più difficili, ai cambi di rotta del destino, alle salite, alle discese e alle pazzie. Perché «ci sono amici che diventano famiglia ed è uno dei doni più belli che la vita possa farci».

Così leggiamo sull’aletta di copertina del romanzo di Elisabetta Cirillo, Come capita la vita.

Una scrittura semplice e immediata per raccontare la vita di due donne che si aiutano e sostengono vicendevolmente. Donne che hanno sofferto e che hanno vinto: Cecilia ha smesso di sognare, Vera ha affrontato il cancro.

Storie che, inevitabilmente, si intrecciano al vissuto dell’autrice, che nel suo blog scrive: Per cosa vale la pena vivere? La prima volta che mi sono posta questa domanda è stata in corrispondenza con la mia prima recidiva al seno. Avevo ventotto anni e mi avevano diagnosticato un tumore al seno l’anno precedente, quando si è prospettata l’idea, ma più che l’idea la realtà, di un secondo intervento e di tanti, tanti, mesi di chemioterapia mi sono sentita davvero impotente, come una formica di fronte ad un’enorme montagna.

All’epoca vivevo insieme a mia cugina Eloisa, e mi ricordo di averle chiesto: qual è il senso, il senso di tutto questo combattere se non posso vincere, e devo riaffrontare tutto da capo? Lei mi rispose in modo molto pacato: si fa, e si fa per le persone che ami, per le cose che ami fare e per i sogni che vuoi realizzare. Non che prima non avessi sogni, ma non era mai stata una questione di vita o di morte. Adesso mi rendo davvero conto di che cosa significhi dire che se non si vive per qualcosa si finirà col morire per niente. Quindi torno a chiederti, ma soprattutto ti prego, chiedi a te stesso: che cosa mi tiene in vita?”




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