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Francesco Merlo sulla Carta di Assisi: 'Parole d'odio segno di degrado del Paese'

Un richiamo alla spiritualità del linguaggio e il turpiloquio non ne fa parte

«È il linguaggio del Paese che è un linguaggio d'odio e il giornalismo lo riflette», così Francesco Merlo ospite al Cortile di Francesco. «Ci sono espressioni - prosegue il giornalista - che non avremmo usato mai, neanche a casa, che adesso sono usate pubblicamente. Un linguaggio sdoganato che non ha paragoni nei grandi giornali occidentali. Un segno di un degrado, ma la cosa è molto complessa e la colpa non è dei giornalisti. I giornalisti che cercano di conservare la grammatica vengono persino derisi: 'parla come mangia'».

«È un discorso complicato e difficile. In un posto come Assisi c'è un richiamo perché c'è la spiritualità, la spiritualità ha un linguaggio e il turpiloquio non ne fa parte. Poi, anche il turpiloquio se usato bene va bene, anche Dante lo usa. Ma se diventa una scorciatoia è solo la strada corta attraverso cui il pensiero tenta di arrivare a una cosa che non capisce», conclude Merlo.



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