Governo, Padre Enzo Fortunato: e ora siate concreti
Le stanze dei bottoni sono chiamate ad essere non chiuse, ma aperte
di Enzo FortunatoAlla vigilia di un nuovo cammino per il nostro Paese, e senza entrare nel merito delle valutazioni di chi governa – non è il mio, il nostro compito – credo che oggi più che mai sia necessario trasformare le paure in speranza, le povertà in possibilità, in ricchezza.
Oggi, le stanze dei bottoni sono chiamate ad essere non chiuse, ma aperte e soprattutto attente a tre grandi urgenze: la povertà dei giovani che non trovano lavoro. Secondo le statistiche, l’università perde il 40% dei giovani lungo il percorso e un giovane su tre lascia le superiori.
La povertà diffusa - abbiamo un milione e 200mila bambini in povertà assoluta, famiglie che non riescono a arrivare alla fine della giornata o alla fine del mese, che non si possono permettere di curare i propri figli – è il tarlo che erode il futuro di questa nostra Italia.
La prima telefonata che ho ricevuto questa mattina è stata quella di una mamma che, iniziando a singhiozzare, mi ha detto: “Aiutami, aiutatemi non ho i soldi per curare il tumore di mio figlio ventisettenne”
Vi risparmio il resto della conversazione che mi ha scosso dentro. Forse il nostro Paese è incapace di dare risposte e non riesce a facilitare e curare gli ultimi.
“Vi prego - è stato il grido di don Ciotti - diamo risposte concrete!”
E, infine, la terza grande povertà: quella dei migranti. Si tratta di sminare l’odio e il veleno verso chi bussa alle nostre porte. Ci sarà un motivo se Francesco è Patrono della nostra Nazione. O lo si vuole fare diventare solo una bandiera? Per lui l’altro è sempre un fratello. Per quanto reietto, per quanto miserabile, per quanto peccatore, per quanto diverso.
Non esiste solo la migrazione di chi bussa, ma anche quella di chi dai paesi va nelle città, di chi dalle città va nelle metropoli, di chi dalle metropoli parte e va all’estero in cerca di una speranza, in cerca di un futuro migliore. Tutti indistintamente siamo migranti.
Vi prego, vorrei dire a chiunque governi: trasformiamo disagio e paura in speranza, in concretezza. Le risposte vere di un governo non sono le parole vuote, ma i gesti e i fatti. È questa la cartina di tornasole che permetterà a qualsiasi istituzione, religiosa e non, di essere credibile. Ecco perché mi sento di dire: siate concreti, siate credibili.
Faccio mie le parole di don Ciotti e di padre Antonio Spadaro: “vorrei meno parole, meno slogan, più concretezza. Siamo stanchi di parole…”.
Se non si fanno le cose che si devono fare dobbiamo essere una spina nel fianco per dare risposte concrete. La prima dovrebbe essere quella del lavoro. Ritornano indelebili le parole di san Francesco: “voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti lavorino”.
Yunus qui ad Assisi ha lanciato una sfida per i giovani: non cercate lavoro, ma siate voi ad inventarlo. Un Paese degno di questo nome faciliti il percorso.
Enzo Fortunato
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