Migranti, primo patto europeo: 10 Paesi pronti a firmare.
Ogni Stato accoglierà tra il 10 e il 25% degli arrivi. Redistribuzione preventiva e automatica dei migranti
MALTA — Redistribuzione preventiva e automatica dei migranti: è questo il punto chiave dell’intesa tra i «volenterosi» che potrebbe davvero cambiare la gestione dei flussi migratori. Si tratta della richiesta principale presentata dal presidente del consiglio Giuseppe Conte e dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, frutto anche delle trattative bilaterali condotte nell’ultima settimana. Ma adesso bisognerà verificare quanti Stati europei aderiranno a questo progetto che Italia, Malta, Francia e Germania hanno messo a punto e condiviso con la Finlandia, presidente di turno dell’Unione. Se saranno confermati i calcoli fatti qui a La Valletta su almeno dieci Paesi pronti a firmare, allora si potrà dire che il sistema è effettivamente cambiato, perché ad essere scardinato sarà il principio che — in base al trattato di Dublino — obbliga il Paese di primo ingresso a farsi carico degli stranieri fino alla decisione sulla richiesta di asilo. Portogallo, Irlanda, Lussemburgo, Grecia e Spagna avrebbero manifestato appoggio, altri potrebbero dare il consenso, anche per non rischiare di ottenere una riduzione dei contributi economici.
La suddivisione
Attualmente i migranti che arrivano in Italia a bordo delle navi delle Ong e delle motovedette di Guardia di Finanza e della Guardia Costiera vengono registrati negli hotspot e in caso di richiesta di asilo attendono l’esito nei centri di accoglienza. Durante la permanenza di Matteo Salvini al Viminale l’Ue ha accettato di occuparsi della distribuzione degli stranieri tra alcuni Stati pur di far revocare i divieti di ingresso nei porti. Si decideva però analizzando caso per caso. Se passerà l’accordo saranno stabilite quote fisse a seconda del numero di Paesi partecipanti (tra il 10 e il 25 per cento) e la distribuzione scatterà in maniera automatica. Quindi dopo l’approdo i migranti saranno registrati in Italia ma entro quattro settimane dovranno essere trasferiti altrove.
Accoglienza e rientri
Al momento si applica sempre il trattato di Dublino e dunque l’onere dell’accoglienza, ma soprattutto dei rimpatri, rimane in carico al Paese di sbarco, dunque Italia e Malta. Questo vuol dire che sono i due governi a dover negoziare la riammissione con i Paesi di provenienza dei migranti. Si tratta di una procedura lunga e complessa. L’Italia può contare su accordi con Tunisia, Egitto, Gambia, Nigeria e sulla collaborazione del Marocco, ma questo impone una serie di concessioni e comunque le cifre dei rimpatriati sono molto esigue rispetto al numero di chi arriva. Per avere un’idea basti dire che Tunisi accetta due charter a settimana da 40 persone, complessivamente ogni anno si riesce a far tornare a casa non più di 5 mila persone. Nell’intesa raggiunta ieri a La Valletta è invece previsto che sia lo Stato di destinazione a gestire la sistemazione dei richiedenti asilo e — in caso venga negata l’istanza per il riconoscimento dello status di profugo — anche le pratiche per il rimpatrio. Si tratta di una novità importante perché questo convincerà gli Stati europei a impegnarsi per chiudere accordi con i Paesi di provenienza dei migranti e obbligherà la Commissione Ue a farsi garante di queste trattative.
Porti sicuri
Le norme sul soccorso in mare e le convenzioni internazionali prevedono lo sbarco nel porto sicuro più vicino. Quando le navi prendono a bordo i migranti al largo della Libia, l’approdo più vicino sarebbe proprio in quel Paese ma poiché non viene ritenuto «sicuro», le imbarcazioni si rivolgono a Malta e Italia. Nella nuova intesa si cercherà invece di stabilire una rotazione che, su base volontaria, consentirà di mandare le navi nei porti di altri Stati, ad esempio Francia e Spagna.
Corriere della Sera
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