Padre Enzo Fortunato, a tu per tu con Salgado
Il fotografo brasiliano al Cortile di Francesco
Arriva ad Assisi in un pomeriggio pieno di Sole. Cappellino in testa e stretta di mano calda, Sebastião Salgado viene accolto dalla curiosità di chi, passeggiando per strada, lo riconosce, gli chiede un autografo, una foto. Passeggia con sua moglie Lélia, compagna inseparabile, e il suo occhio viene rapito dai dettagli. Nota l’afflusso eccezionale di turisti e si stupisce quando gli dico che Assisi ha una popolazione ridotta. Eppure, osserva, lungi dai numeri delle grandi città, questo borgo conserva un fascino antico. Come quello dell’Eremo delle Carceri, in cui Salgado si ferma a lungo.
Durante la sua visita la nebbia lo avvolge e garantisce una luce particolare. Il fotografo brasiliano non indugia, estrae la sua macchina fotografica e scatta. Mi dice che “oggi l’uomo si è trasformato in un Alien. Vive in città isolate dall’ambiente naturale, abbiamo bisogno di ricostruire il pianeta, dopo sarà impossibile tornare indietro”. È l’ambiente, non solo l’architettura, ad attrarlo, e la vegetazione che ad Assisi trova linfa gli appare tanto diversa da quella a cui lui è abituato, eppure tanto indispensabile. Fondamentale qui come in ogni parte del mondo, a partire da quell’Amazzonia da lui vissuta per sette anni, ritratta e pronta a dialogare, in serata, con la casa di San Francesco, la Basilica Superiore di Assisi.
Mi racconta il suo impatto con l’Amazzonia, che sarà al centro dello speciale sinodo dei vescovi e degli uomini di buona volontà convocato da Papa Francesco a ottobre. Assisi ne rappresenta un’anteprima. “Dopo il 2013 ho lavorato molto con due comunità di indigeni. Serve tempo, sia per arrivare, sia per comprenderli. Il tempo necessario per trasformarsi in un membro della comunità indigena. Ho fatto molte foto della foresta amazzonica. Oggi detiene la grande maggioranza della biodiversità del pianeta. Il 25% dell’ossigeno, un quarto di tutto il pianeta. Un terzo dell’acqua dolce della Terra. Ho lavorato tanto sia dal dentro della foresta sia facendo una serie di foto aeree. L’Amazzonia è molto più di una grande pianura con fiumi in mezzo: ci sono montagne più alte delle Alpi”.
Gli chiedo qual è il segreto del suo lavoro. Mi risponde dicendomi che più che un segreto, il suo è un modo di impegnarsi: mettersi allo stesso livello dell’altro, nei suoi panni. “Alle Galapagos volevo fotografare le tartarughe, ma non riuscivo ad avvicinarle. Così ho immaginato di essere tartaruga anche io, ho iniziato a muovermi carponi, lentamente, per diventare loro “amico”, e loro mi hanno accolto”.
Parliamo dei giovani, di Greta, della giovane Alice, intervenuta due giorni prima al “Cortile di Francesco”. Tutti protagonisti del mondo che verrà. “Il movimento giovanile mi fa ben sperare, perché vedo molta consapevolezza ambientale nei ragazzi - commenta con voce posata e decisa - ma non bastano le singole manifestazioni. Occorre un cambiamento globale delle coscienze. Bisogna fare un lavoro educativo nelle scuole, università, sui posti di lavoro”. Una presa di coscienza che tocchi il cuore di ciascuno. La stessa che Papa Francesco incoraggia.
“Mi piace molto la politica ambientale del Papa. So che ci sono molte resistenze ma bisogna portare avanti, come sta facendo lui, una forma diversa di comunicazione, coinvolgendo anche gli strati più bassi della società. La Chiesa può aiutare molto, non solo a proteggere l’Amazzonia ma anche a un ritorno alla spiritualità di tutto il pianeta. Papa Francesco è nella direzione giusta”.
La passeggiata per le vie della città prosegue. Salgado tende la mano a una signora in difficoltà sulle scale del Tempio di Minerva, ignara di allungare il braccio al più grande fotografo vivente. Qualche pausa nei negozi, le chiacchiere con i commercianti in un italiano un po’ conosciuto e un po’ intuito. Poi l’incontro nella Sala Stampa del Sacro Convento, dove Salgado si ferma a contemplare il paesaggio da una finestra: davanti a lui si apre la pianura ai piedi di Assisi, spicca la cupola di Santa Maria degli Angeli che custodisce la Porziuncola.
Un orizzonte infinito si spalanca di fronte a noi. L’emozione di Salgado mentre mi dice: “Sono sicuro che un giorno San Francesco ha guardato le stesse cose e ha camminato fino alle montagne per ammirare fino in fondo la natura”. E aggiunge: “Sono contento di stare qui, di essere stato invitato. L’Umbria è una regione molto bella. Voi frati del convento di San Francesco siete uomini di spiritualità, e oggi dobbiamo tornare a vivere spiritualmente il pianeta. Per ricostruirlo, amarlo, amare le specie animali, vegetali, minerali, proprio come le ha amate San Francesco”.
Le nuvole che nel frattempo si sono addensate non guastano la visione, e non lo fanno neanche quando, dopo il tramonto, arriva il momento della proiezione di “Amazonia”. Ci sono più di seimila persone: le più vicine sono sedute a pochi metri dalla facciata, le più lontane stanno in piedi dietro le siepi che costeggiano la piazza. In tanti si affacciano da porte di bar e ristoranti, altri fanno capolino dalle finestre.
Salgado parla per ognuno a nome dei territori feriti del Brasile: “L’Amazzonia si trova di fronte a un grande pericolo. La politica del governo brasiliano punta a distruggere la foresta per favorire le grandi imprese agricole. In 50 anni abbiamo distrutto il 19% della foresta. È una minaccia per tutto il pianeta. Dobbiamo cambiare modello economico, quello attuale è predatorio, distruttivo”.
Mi impressiona questo mentre il fotografo parla: i circuiti internazionali Reuters, France Press, Cnn e altri ancora - accorsi qui per trasmettere in diretta 8 minuti della proiezione, si raccolgono in religioso silenzio per ascoltare il “grido” dell’umanità. Il cardinale Ravasi interviene e sintetizza con tre immagini il percorso che sta per essere proiettato sulla facciata della Basilica. Una mi colpisce particolarmente: “Salgado, con “Amazonia”, riscrive il Cantico delle Creature, è un’attualizzazione inattesa e sorprendente”. Così rivive San Francesco, attraverso il Cantico dell’uomo che non vuole morire schiacciato dal peso dell’inquinamento.
Quando la pioggia inizia a cadere, e le immagini di Salgado hanno cominciato a scorrere, nessuno se ne va. C’è una spianata di ombrelli aperti, orecchie tese ad ascoltare la musica del compositore brasiliano Villa Lobos, occhi che incrociano quelli delle tribù fotografate da Sebastião Salgado. Laudato si’, Signore mio, per Sorella Amazzonia.
Oggi a New York si apre il summit sul cambiamento climatico. Lì i potenti del mondo, qui ad Assisi la gente. Tutti con una sola domanda: quando deciderà, l’uomo, di invertire la rotta e smettere di inquinare la Terra?
Padre Enzo Fortunato - Huffingtonpost.it
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