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Salvare il territorio attraverso i grani antichi: la missione di Stefano Caccavari

C'è un giovane imprenditore agricolo che attraverso due progetti sta riscuotendo un grande successo

Stefano Caccavari è un rampante imprenditore calabrese, dotato di idee innovative. Siamo a San Floro, un paese della provincia di Catanzaro immerso nel cuore verde della campagna. Qui Stefano, nel 2015, pervaso per la prima volta dalla vocazione agricola – motivato dal desiderio di mettere in salvo un’area che rischiava di diventare la più grande discarica europea di rifiuti – fonda il progetto “L’orto di famiglia”, sostenuto amorevolmente da un gruppo di suoi concittadini.

Un anno più tardi, comunica attraverso Facebook l’intenzione di voler acquistare e rimettere in moto le macchine di un mulino, da sempre espressione di una cultura ancestrale che l’uomo ha contribuito a formare: «Il mulino rimbalza all’immaginario collettivo come un luogo quasi magico. La mia idea nasce dalla necessità di continuare a macinare il grano che coltivavo, visto che l’ultimo mulino attivo aveva cessato di produrre. E così sono corso ai ripari».

Il progetto “Mulinum” è nato attraverso Facebook. Sei riuscito a scardinare perfino il concetto di confinamento.

«Avevo bisogno di supporto per poter acquistare le attrezzature di un mulino dismesso. Quell’annuncio si è rivelato una bomba a orologeria, perché le condivisioni e le risposte sono arrivate dalle più disparate parti del mondo. Con la sottoscrizione al progetto “Mulinum” – tuttora aperta – abbiamo reclutato 220 soci, e una somma, pari a 1.436.000 euro, destinata alla nascita del primo “Mulinum” di San Floro, e a quelli che stanno per sorgere in Puglia e Toscana. Ho capito così che l’interesse primario dei soci non era quello di far ripartire due macine, ma di poter far attivamente parte di un progetto di valorizzazione di un territorio calabrese».

Quel copioso entusiasmo ha dato vita a una comunità accomunata da nobili ideali.

«La maggior parte dei miei soci non ha familiarità con un’azienda agricola; nonostante ciò, hanno scelto ugualmente di sposare la causa, in difesa del territorio, del ritorno alla natura e della riscoperta delle tradizioni».


Grazie ai virtuosi come te, si entra in relazione con quello che mangiamo perché sappiamo da dove proviene e come è arrivato sulla nostra tavola. È una cosa straordinaria, che pochi possono rivendicare.

«È importante per noi offrire il pane prodotto col grano biologico a chilometro zero. “Mulinum” sta ponendo le basi per un rinascimento della coltura italiana del grano, partendo dalla ricchezza della biodiversità dei semi e delle loro proprietà che restano integre con la macinazione a pietra e la panificazione con pasta madre. In Calabria c’è sempre stata una piccola produzione di grani minori, tra cui il “Senatore Cappelli”, recuperato da un signore che lo produceva per uso personale. Erano prodotti pregiati, di nicchia, ma stavano scomparendo a causa della concorrenza dei grani più produttivi. Averli riportati in circolazione, e sulla tavola dei calabresi che ci scelgono, mi riempie di orgoglio».

Nei grani c’è la memoria di millenni. Il legame che hai instaurato con il territorio è viscerale.

«La mia voglia di riscoprire i grani millenari – che hanno addirittura mosso la forza e gli animi umani in guerre e battaglie – nasce proprio dall’esigenza di tornare un po’ al passato, a quella vita semplice e salutare».

Stefano, qual è la piacevolezza del vivere in campagna?

«È un’esperienza ricca di emozioni e di avventure, sconosciute a chi vive la frenesia della città o la claustrofobia di un box in ufficio. La dimensione lenta della campagna offre innumerevoli soddisfazioni. Seminiamo il grano tra novembre e dicembre, per poterlo raccogliere a giugno. In quello spazio temporale, davanti alla graduale evoluzione del grano è assai piacevole dedicarsi all’osservazione della natura e innamorarsene. Chi vive a stretto contatto con la campagna trova la sua dimensione, e riesce a vivere una vita equilibrata e sana».

Domenico Marcella Twitter: twitter.com/dodoclock



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