Solid Ale, la birra di Catanzaro che crea inclusione
Ragazzi con sindrome di Down all’arte della produzione birraria
di Domenico Marcella
Il birrificio artigianale Solid Ale Beer è un luogo virtuoso. Siamo a Catanzaro. Qui Luciano Ricci – avvocato e imprenditore esperto di finanza agevolata – ha ideato e fondato una realtà lavorativa, nata come cooperativa sociale, che impiega ragazzi con sindrome di Down all’arte della produzione birraria.
Luciano, com’è scattata l’idea di dar vita a Solid Ale Beer?
«Dopo aver partecipato a un evento benefico organizzato dall’AIPD mi sono accorto del potenziale che i ragazzi con sindrome di Down possiedono. L’amico che mi ha coinvolto in quella serata mi ha proposto di avviare un’iniziativa che potesse renderli protagonisti di un’attività professionale. Ho iniziato così a pensare e metter su foglio qualche idea, fino a quando nel 2015 – nel giorno del mio compleanno – mi regalarono un libro su come preparare la birra in casa. Constatando che le tecniche di lavorazione non erano poi così complesse, ho capito che le operazioni potevano essere compatibili con le capacità fisiche e psichiche di quel gruppetto di aspiranti lavoratori. Dopo aver redatto un business plan con i costi e i ricavi, ho avviato l’attività insieme al mio amico e socio Massimo Pisanelli. Superate le complessità burocratiche, con determinazione e tenacia, nel 2016 abbiamo creato la nostra prima cotta ufficiale. Oggi produciamo cinque tipi di birra, in bottiglia e in fusto, venduti e apprezzati in moltissimi locali della provincia di Catanzaro».
In questo momento di grande disumanesimo, l’attività che rappresenti riecheggia come un’iniezione di speranza.
«Ho scelto di far impresa in modo più umano, cercando di ottenere qualcosa in più sul piano della gratificazione intima. Il nostro non è un progetto che nasce e muore su fondi o finanziamenti, ma un’impresa sociale a tutti gli effetti, che si confronta con i costi e i ricavi, e combatte su un mercato non riservato a chiunque faccia qualcosa di speciale. Solid Ale Beer non è iniziativa di volontariato, ma un’attività economica in cui i giovani con sindrome di Down sono assunti con un regolare contratto, percependo uno stipendio. Si può fare, dunque, ottenendo qualcosa in meno sul piano delle remunerabilità, ma qualcosa in più su altre sfere».
Inclusione vuol dire semplicemente «fare posto» e offrire maggiore dignità sociale.
«I ragazzi sono animati dalla certezza d’essere capaci di fare qualcosa in un contesto in cui anche Massimo e Luciano svolgono le loro stesse mansioni. L’errore che spesso si fa è quello di approcciarsi alle persone con sindrome di Down compatendole o trattandole come bambini non cresciuti. Noi lavoriamo tutti a stretto contatto, nella più assoluta normalità, in una stimolante situazione di confronto e scambio reciproco. È gratificante vedere la propria birra spillata, bevuta e apprezzata. Soprattutto per loro. Un giorno il padre di uno dei ragazzi mi ha confidato che il figlio si sentiva orgogliosamente realizzato nell’avere un suo lavoro. Ecco, non serve aggiungere altro».
E così facendo le ambizioni non si esauriscono.
«Assolutamente. Stiamo cominciando perfino a uscire dal perimetro catanzarese, e questa per noi è una grande soddisfazione. Abbiamo già il primo rivenditore nel centro di Venezia, e la cosa ci inorgoglisce perché fa bene pensare a persone che – scegliendo di andare oltre la propria routine e i propri confini, anche geografici – dà fiducia a delle piccole realtà che propongono prodotti qualitativamente alti. Riceviamo molte richieste di consigli sui nostri canali social. La risposta come puoi immaginare è soltanto una: metterci dentro il cuore; non quello della generosità o del buonismo ma quello della passione. Perché soltanto con la passione le ambizioni non si esauriranno mai».
www.solidalebeer.it
Domenico Marcella
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