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Papa: Prima gli ultimi. Le paure ci condizionano fino a renderci razzisti

Messaggio per la Giornata Mondiale del Rifugiato 2019: alcune regioni del mondo producono e vendono armi

di SALVATORE CERNUZIO
Credit Foto - Ansa - CLAUDIO PERI

«Cattiverie e brutture» accrescono il nostro «timore» verso sconosciuti, emarginati e forestieri. E questo timore condiziona «il nostro modo di pensare e di agire al punto da renderci intolleranti, chiusi, forse anche – senza accorgercene – razzisti». Un circolo vizioso che Papa Francesco denuncia nel suo messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2019, pubblicato oggi, all’indomani delle elezioni europee. Nel testo il Papa, guardando al generale avanzamento europeo dei movimenti sovranisti e xenofobi, torna a lanciare un appello a favore di questa gente in fuga dalle proprie terre divenuta «emblema dell’esclusione», stigmatizzata come causa di tutti i «mali sociali».

"Non si tratta solo di migranti” è il titolo del documento del Pontefice per la ricorrenza del prossimo 29 settembre. «Non si tratta solo di migranti» perché «si tratta anche delle nostre paure», sottolinea il Pontefice che cerca di scardinare questi «dubbi e timori» che - afferma - sono di per sé legittimi, ma che diventano pericolosi quando sfociano in atteggiamenti discriminatori e manifestazioni estremiste.

Benzina sul fuoco di uno scenario globale certamente negativo: «Conflitti violenti e vere e proprie guerre non cessano di lacerare l’umanità; ingiustizie e discriminazioni si susseguono; si stenta a superare gli squilibri economici e sociali, su scala locale o globale», osserva il Papa. A fare le spese di tutto questo sono soprattutto i più poveri e svantaggiati: «Le società economicamente più avanzate sviluppano al proprio interno la tendenza a un accentuato individualismo che, unito alla mentalità utilitaristica e moltiplicato dalla rete mediatica, produce la “globalizzazione dell’indifferenza”».

In questo orizzonte, migranti, rifugiati, sfollati e vittime di tratta sono diventati «emblema dell’esclusione» perché, oltre ai disagi che la loro condizione di per sé comporta, «sono spesso caricati di un giudizio negativo che li considera come causa dei mali sociali». Per il Papa «l’atteggiamento nei loro confronti rappresenta un campanello di allarme che avvisa del declino morale a cui si va incontro se si continua a concedere terreno alla cultura dello scarto». Infatti, su questa via, «ogni soggetto che non rientra nei canoni del benessere fisico, psichico e sociale diventa a rischio di emarginazione e di esclusione».

La presenza di migranti e rifugiati rappresenta allora, oggi più che mai, «un invito a recuperare alcune dimensioni essenziali della nostra esistenza cristiana e della nostra umanità, che rischiano di assopirsi in un tenore di vita ricco di comodità». Ecco perché «non si tratta solo di migranti»: vale a dire «interessandoci di loro ci interessiamo anche di noi, di tutti; prendendoci cura di loro, cresciamo tutti; ascoltando loro, diamo voce anche a quella parte di noi che forse teniamo nascosta perché oggi non è ben vista», sottolinea Francesco.

Va ricacciata ogni paura di fronte all’arrivo di «migranti e rifugiati che bussano alla nostra porta in cerca di protezione, di sicurezza e di un futuro migliore»: «È vero, il timore è legittimo, anche perché manca la preparazione a questo incontro», afferma. «Il problema non è il fatto di avere dubbi e timori. Il problema è quando questi condizionano il nostro modo di pensare e di agire al punto da renderci intolleranti, chiusi, forse anche – senza accorgercene – razzisti. E così la paura ci priva del desiderio e della capacità di incontrare l’altro, la persona diversa da me; mi priva di un’occasione di incontro col Signore».

Non solo: così ci si dimentica che «il progresso dei nostri popoli dipende soprattutto dalla capacità di lasciarsi smuovere e commuovere da chi bussa alla porta e col suo sguardo scredita ed esautora tutti i falsi idoli che ipotecano e schiavizzano la vita; idoli che promettono una felicità illusoria ed effimera, costruita al margine della realtà e della sofferenza degli altri», evidenzia il Pontefice. Allora «non si tratta solo di migranti» ma «si tratta della nostra umanità».

«Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli», ammonisce Bergoglio nel suo messaggio intervallato da citazioni evangeliche. «Il mondo odierno è ogni giorno più elitista e crudele con gli esclusi. I Paesi in via di sviluppo continuano ad essere depauperati delle loro migliori risorse naturali e umane a beneficio di pochi mercati privilegiati. Le guerre interessano solo alcune regioni del mondo, ma le armi per farle vengono prodotte e vendute in altre regioni, le quali poi non vogliono farsi carico dei rifugiati prodotti da tali conflitti».

Le vittime sono sempre «i piccoli, i poveri, i più vulnerabili, ai quali si impedisce di sedersi a tavola e si lasciano le “briciole” del banchetto». «Lo sviluppo esclusivista rende i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. Lo sviluppo vero è quello che si propone di includere tutti gli uomini e le donne del mondo, promuovendo la loro crescita integrale, e si preoccupa anche delle generazioni future», denuncia Francesco. Tocca alla Chiesa, per prima - quale Chiesa “in uscita” -, «prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi». Bisogna «passare subito all’azione per lenire, curare e salvare», esorta il Papa, facendo riemergere quella «tenerezza» che invece «la società odierna tante volte ci che chiede di reprimere».

Il messaggio si conclude con i quattro verbi chiave indicati dal Pontefice per affrontare la sfida delle migrazioni: «Accogliere, proteggere, promuovere e integrare». Sono verbi che valgono non solo per i migranti e i rifugiati, ma che «esprimono la missione della Chiesa verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati». Se mettiamo in pratica questi verbi, assicura il Papa, «promuoviamo lo sviluppo umano integrale di tutte le persone e aiutiamo anche la comunità mondiale ad avvicinarsi agli obiettivi di sviluppo sostenibile che si è data e che, altrimenti, saranno difficilmente raggiunti». In gioco, afferma, non c’è solo la causa dei migranti ma il «presente» e il «futuro» della famiglia umana. «I migranti, e specialmente quelli più vulnerabili, ci aiutano a leggere i “segni dei tempi”», chiosa Jorge Mario Bergoglio. «Attraverso di loro il Signore ci chiama a una conversione, a liberarci dagli esclusivismi, dall’indifferenza e dalla cultura dello scarto».

In sostanza si tratta di «mettere gli ultimi al primo posto». «Gesù Cristo ci chiede di non cedere alla logica del mondo, che giustifica la prevaricazione sugli altri per il mio tornaconto personale o quello del mio gruppo: prima io e poi gli altri!». Invece, sottolinea il Papa, «il vero motto del cristiano è “prima gli ultimi!”». (Vatican Insider)


SALVATORE CERNUZIO

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