I mestieri, i santi patroni
di Antonio Tarallo
Il lavoro. Mai come di questi tempi, l’argomento è al centro di dibattiti, più o meno politici, più o meno costruttivi. Di sicuro, e questo è più che palese (basta guardare qualche programma televisivo o dare una veloce “letta” ad internet), l’argomento “lavoro”, è all’ordine del giorno. Di lavori, appunto, ce ne sono tanti, ma “di lavoro”, purtroppo, assai meno. Mi è sembrato importante, almeno per un momento, contestualizzare nel Presente, un argomento a cui la Chiesa – da secoli – ha sempre riservato un ruolo per nulla marginale. Basti pensare – oltre alla stessa Dottrina sociale cattolica – alle tante figure canonizzate che hanno trovato proprio nel lavoro, una via di missione e vocazione, una via di Santità.
E alla fitta schiera di “mestieri”, corrisponde, una fitta schiera di Santi patroni. Loro, protettori di “mestieri”, di lavori, a tutela della molteplicità di professioni che costituiscono la società civile di Oggi, di Ieri…e speriamo, anche, di Domani.
Si deve, quasi per obbligo, iniziare con il lavoratore “per eccellenza”. Lui, San Giuseppe, festeggiato il 19 marzo, patrono dei falegnami, e di tutti i lavoratori. E’ necessario, ed anche giusto, partire dal Vangelo. L’evangelista Marco non parla mai direttamente di Giuseppe, ma si limita a riportare quanto dicono i nazareni: sono loro ad affermare che Gesù, figlio di Maria, “fa il carpentiere”. Mentre, gli evangelisti Matteo e Luca – che nominano Giuseppe come padre legale di Gesù e sposo di Maria – ci parlano di Gesù, come “il figlio del carpentiere” (Matteo 13, 55). Piccola precisazione: con il termine greco téktôn, che viene tradotto semplicemente con “carpentiere”, corrispondente al “nostro” latino faber, va inteso – in maniera più estesa – “artigiano che lavora il legno o la pietra”. Ma, bisogna aggiungere anche “carpentiere che provvede alle strutture in legno necessarie all’edilizia”. Nell’epoca di Giuseppe, quella riportata dai Vangeli, è storicamente provato che nella regione della Galilea, erano molte le costruzioni di nuove città.
Vista la storia precedentemente narrata, perché non porre l’attenzione ancora una volta all’ “albero genealogico” (inteso nell’accezione moderna) di Gesù? Ed è così che viene quasi spontaneo andare ad approfondire un’altra figura che molte volte sembra quasi passare inosservata, eppure parliamo della “nonna” di Gesù: lei, Sant’Anna, festeggiata il 26 luglio, assieme al consorte Gioacchino. Sant'Anna, oltre ad essere invocata come protettrice delle donne incinte, è patrona di molti mestieri legati giustamente alle funzioni di madre, tra cui lavandaie e ricamatrici, e sarte/i. Come non immaginare la piccola Maria, ascoltare i consigli di “mamma Anna” su come cucire le pelli, o il lino?
“Quanno nascette Ninno a Bettlemme/ Era nott'e pareva miezo juorno./ Maje le Stelle - lustre e belle Se vedetteno accossí:/ E a cchiù lucente/ Jett'a chiammà li Magge all'Uriente”. Anticipiamo il Natale, per un attimo – giusto il tempo per la puntata di questo focus dedicato ai santi patroni dei mestieri – solamente per introdurre il patrono dei giuristi, degli avvocati, Sant’Alfonso Maria de’ Liquori, che viene festeggiato il primo agosto. Questi versi, scritti nel 1754, appartengono a questo Santo. E questo, è – in fondo – notizia abbastanza nota. Mentre meno popolare, è il suo lavoro di grande forense, praticato fino all’età di ventisette anni. E’ nel 1715, a poco più di diciotto anni, che Alfonso riveste la toga di avvocato e fa il suo ingresso nei tribunali. Da lì una brillante carriera, fino all’insuccesso di una causa legale nel 1723. Questo un suo scritto, in merito alla professione di avvocato. “Dichiarazione dei doveri dell’avvocato: 1. Non bisogna mai accettare cause ingiuste, perché sono perniciose per la coscienza e pel decoro; 2. Non si deve difendere una causa con mezzi illeciti e ingiusti; 3. Non si deve aggravare il cliente di spese non necessarie altrimenti resta all’avvocato l’obbligo di restituzione; 4. Le cause dei clienti si devono trattare con quell’impegno con cui si trattano le cause proprie; 5. E necessario lo studio dei processi per dedurne gli argomenti validi alla difesa della causa; 6. La dilazione e la trascuratezza degli avvocati spesso dannifica i clienti, e si devono rifare i danni, altrimenti si pecca contro la giustizia; 7. L’avvocato deve implorare da Dio l’aiuto nella difesa, perché Iddio è il primo protettore della giustizia; 8. Non è lodevole un avvocato che accetta molte cause superiori ai suoi talenti, alle sue forze e al suo tempo, che spesso gli mancherà per prepararsi alla difesa; 9. La giustizia e l’onestà non devono mai separarsi dagli avvocati cattolici, anzi si devono sempre custodire come la pupilla degli occhi; 10. Un avvocato che perde una causa per sua negligenza si carica dell’obbligazione di rifare tutti i danni al suo cliente; 11. Nel difendere le cause bisogna essere veridico, sincero, rispettoso e ragionato; 12. Finalmente i requisiti di un avvocato sono: la scienza, la diligenza, la verità, la fedeltà e la giustizia”.
E veniamo al campo medico. I medici-chirurghi sono sotto la protezione dei Santi Cosma e Damiano (26 settembre), i martiri guaritori anargiri vissuti nel III secolo e attivi in Siria. Anche altri santi sono invocati, specialmente per alcune branche specialistiche come l’oculistica (Santa Lucia, 13 dicembre) e l’odontoiatria (Sant’Apollonia, 9 febbraio). Ma il patrono della intera categoria dei medici, è – senza ombra di dubbio – San Luca evangelista, festeggiato il 18 ottobre. Una lunga tradizione lo vuole originario di Antiochia, tanto da essere denominato “il medico antiocheno”. La qualifica di medico attribuita a Luca viene confermata, secondo gli studiosi, dall’esame interno delle sue opere. A suffragare tale idea c’è anche un riferimento alla lettera di San Paolo ai Colossesi: “Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema” (4,14). La sua cultura e la preparazione specifica erano sicuramente note tra le comunità di cui faceva parte; e potrebbe addirittura avere curato la madre di Gesù, Maria.
E certamente, non si poteva finire un “articolo” (o in gergo, “un pezzo”) senza far riferimento al patrono dei giornalisti, degli scrittori: San Francesco di Sales (24 gennaio). Francesco di Sales, si formò alla cultura classica e filosofica presso la scuola dei Gesuiti, ricevendo al tempo stesso una solida direzione di vita spirituale. Il padre, che sognava per lui una brillante carriera giuridica, lo mandò all’università di Padova, dove Francesco si laureò. Ma la vocazione sacerdotale si faceva sempre più forte, tanto che nel 1593, viene ordinato presbitero, sempre nella città di Padova. Il 26 gennaio 1923, in occasione del terzo centenario della morte, Papa Pio XI lo commemorò con l'enciclica “Rerum Omnium Perturbationem”, con cui lo proclamò “Patrono dei giornalisti” e di “tutti quei cattolici che, con la pubblicazione o di giornali o di altri scritti illustrano, promuovono e difendono la cristiana dottrina”. Si ricorda, infatti, che il santo, non soddisfatto della risposta che avevano le sue prediche dal pulpito, incominciò a pubblicare “fogli volanti”, da affiggere ai muri o da mettere sotto le porte delle case.
Antonio Tarallo
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