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Le ultime ore di Paolo VI, nella villa di Castel Gandolfo

Le ultime ore di San Paolo VI raccontate da chi gli è stato più vicino, don Macchi

di Antonio Tarallo

“Nel segno di una nube luminosa apparve lo Spirito Santo e si udì la voce del Padre: “Questi è il mio Figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo”. Questa, l’antifona d’ingresso per la liturgia della Messa del giorno in cui la Chiesa ricorda la Trasfigurazione del Signore. E’ stato in questo giorno che il pontefice Paolo VI, anzi San Paolo VI, ebbe la “sua” trasfigurazione. Era il 6 agosto 1978.

Da Roma, papa Montini, era partito il 14 luglio. Aveva affrontato diverse questioni che travagliavano la vita ecclesiastica: i problemi con l’allora sostituto alla Segreteria di Stato, l’arcivescovo Benelli; alcune questioni aperte per le sorti nella Compagnia di Gesù. Paolo VI lasciò il Palazzo Apostolico del Vaticano, per trasferirsi nella Villa pontificia di Castel Gandolfo. Prima del viaggio, uno strano episodio. O comunque, un po’ profetico. Volle passare a visitare alcuni cardinali malati, nelle loro abitazioni. Potremmo dire, quasi un congedo. Andò a trovare anche il cardinal Ottaviani, malato, che fu uno degli oppositori più agguerriti contro papa Montini. Di questo incontro, è importante ricordare la testimonianza dell’allora segretario di Ottaviani monsignor Agustoni. Fu a lui, dopo la visita al cardinal Ottaviani, a dire: “A volte con Sua Eminenza non ci siamo capiti, ma entrambi abbiamo servito la Chiesa. Gli stia vicino, è un leale prete romano”.

Ad attenderlo, oltre ovviamente agli uomini della sicurezza e il piccolo seguito papale, il cane lupo Diana, che gli avevano regalato anni prima e che aveva fatto portare a Castel Gandolfo. Appena lo vide uscire dalla macchina, con grande affetto, Diana si gettò verso di lui. La veste bianca, tanto bianca non lo era più. Era l’ultimo loro saluto.

Quelle vacanze furono impegnate dalla lettura del libro “Gesù” di Jean Guitton, il suo caro amico filosofo francese. Inoltre cercava di sbrigare la corrispondenza e disbrigo di alcune pratiche che non potevano aspettare certamente settembre. E proprio in uno dei libri di Guitton, “Paolo VI segreto”, troviamo la cronaca dei suoi ultimi momenti. La testimonianza raccolta dal filosofo-scrittore francese, è quella dell’inseparabile don Macchi, il segretario particolare di papa Montini:

“La notte fu agitata; il mattino del 6 agosto gli sconsigliai di dire la messa. Egli decise di celebrarla alle 6 della sera. Il Prof Fontana rientrò a Roma nel primo pomeriggio. Nessuno era allarmato. Celebrai la messa nella cappella dell'appartamento e il papà poté seguire la cerimonia dal suo letto. Rispose alle preghiere con voce chiara e gli diedi la comunione sotto le due specie. Ma verso le 17:40 dopo il ringraziamento, accostatomi a lui,  vidi che il suo volto cambiava aspetto. Era la crisi cardiaca, l'edema polmonare. Allora mi disse: “Subito! Subito!” Temendo sempre una morte improvvisa, mi aveva pregato di tenere l'olio santo a portata di mano. (.....) Chiamai il Cardinal Villot. (…) Il cardinale recitò la preghiera degli agonizzanti e io il Magnificat, la Salve Regina, l’Anima Christi, il Pater, e alla fine, il Santo Padre dopo averci inteso recitare il Pater noster, pronunciò distintamente le parole: Pater noster qui es in coelis. Ci fece un gesto di addio chiudendo le dita sul palmo della mano. Erano le 21:40”.

In quello stesso momento, suonò la vecchia sveglia regalatagli dalla madre Giuditta per la sua prima missione diplomatica in Polonia.


Antonio Tarallo

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