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Viaggio immaginario tra le statuette del presepe e il loro significato

I più importanti personaggi del presepe e la loro simbologia

di Antonio Tarallo

Immergiamoci, per un attimo, come per incanto, in un Presepe Napoletano del 600. Siamo immersi nel variopinto e suggestivo paesaggio che ci circonda. E’ una sorta di esperienza “surreale”, ma sicuramente bella da vivere. In fondo, si sa, Natale è ritornare un po’ bambini. E, allora, anche se il tutto potrebbe sembrare alquanto insolito, proponiamo ai lettori di “San Francesco patrono d’Italia”, questo viaggio immaginario - del tutto natalizio - tra i ruderi di un tempio romano, tra vegetazione, e foglie sparse; tra animali (la maggior parte pecore); ma - soprattutto - tra i vari personaggi del presepe.

Eccoci, siamo dentro al Presepe. Un po’ di stordimento, ci prende. Essere dentro una realtà del genere, certamente non è cosa di tutti i giorni. Incontriamo il primo personaggio all’inizio della prima discesa. Si tratta di Benino, il pastorello che dorme. Ci sono molte tradizioni e leggende su di lui. Alcune raccontano che il Presepe nasca proprio da un suo sogno e che cesserebbe di esistere nel momento in cui lui dovesse risvegliarsi. Benino simboleggia l’attesa del Natale, il cammino di ogni uomo verso questo evento miracoloso e unico. Benino è conosciuto anche come pastore della meraviglia e può essere posizionato anche sotto un pagliaio. Un po’ tutti sarebbe bene riconoscersi in lui.

Poi troviamo, lui, il cacciatore, armato di fucile. Proviamo, subito, timore per questo personaggio. Certamente, il fucile puntato verso di noi, incute paura, ma sappiamo bene che non potrà farci del male. La figura del cacciatore, sebbene per l’epoca in cui è ambientato il Presepe napoletano, possa sembrare anacronistica, racchiude una forte simbologia: rappresenta, infatti, la morte. Si trova vicino al fiume. Insieme al pescatore simboleggia i cicli di vita–morte, giorno–notte, estate–inverno e la dualità del mondo celeste e di quello dell’Ade. Vicino a lui, vi è il pescatore, mezzo svestito. Ha una camicia aperta. Ben visibile è il suo virgulto petto. Pantaloni arrotolati sotto il ginocchio. Ha in mano la sua fedele canna da pesca. Rappresenta la vita. Ci ricorda San Pietro - il pescatore di anime - e in generale, tutto la famosa “simbologia cristiana del pesce”, utilizzata ai tempi delle persecuzioni ai cristiani per indicare Gesù.

Non ci spostiamo dal fiume che scorre leggero, lento, adamantino. Si intravedono i pesci che nuotano felici. Il grande simbolo dell’acqua, tanto importante per il Cristianesimo. Ricordiamoci del Battesimo. In questa riva del fiume, troviamo la lavandaia intenta a lavare i panni. E’ in ginocchio. Lei, questa donna così attenta al suo lavoro, rappresenta le levatrici che hanno assistito alla nascita di Gesù e hanno prestato aiuto alla Madonna. Quei panni non sono altro che i teli che hanno usato per pulire il Bambinello. Sono bianchi, immacolati, miracolosamente puliti: rappresentano la verginità di Maria.

Spostiamoci, ora, dal fiume. Ci viene incontro uno “strano” personaggio. Ha un nome buffo, Ciccibacco. Ci fa sorridere, un poco. Si trova in una delle due grotte poste a lato della Natività. Guida un carretto trainato da due buoi e carico di botti di vino. Ciccibacco è infatti la personificazione del dio pagano Bacco. E’ davvero buffo, con il suo ventre prominente. Quanto ricorda Sir Falstaff di Shakespeare! E’ spesso circondato da zampognari e suonatori di flauto, che richiamano a loro volta i riti dionisiaci in cui ci si abbandonava all’ebrezza, all’eccesso. Ciccibacco ci ricorda quanto sia sottile il confine tra sacro e profano, come lo è quello tra bene e male.

Poi, in fondo, quasi nascosti, ci sono i due compari zi’ Vicienzo e zi’ Pascal. Sono allegri, inseparabili, loro, e il loro vociare desta la nostra attenzione. Compagni di bevute e chiacchiere, si presentano come due amiconi allegri e spensierati. Simboleggiano rispettivamente il Carnevale e la Morte, ma anche i due solstizi: quelli del 24 dicembre, e del 24 giugno.


Antonio Tarallo

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