L’affascinante storia della Linea di San Michele
di Antonio Tarallo
Figura importante, quella di San Michele. Figura determinante – assieme, ovviamente – alla Vergine Maria, nella lotta contro il male, nella lotta contro il Diavolo “in persona”. Questo, un “affresco” a veloci pennellate, sulla figura del famoso angelo di Dio, presente nell’immaginario collettivo. Basta vedere l’iconografia classica dell’angelo che noi tutti conserviamo nella memoria. E per fare ciò, in fondo, basta semplicemente andare a quei ricordi che costituiscono il tessuto connettivo della nostra infanzia, quando magari entrati in una chiesa qualsiasi, la nostra nonna dai capelli bianchi, oppure nostro zio, si fermavano a contemplare quel dipinto che vedeva proprio lui, l’Arcangelo Michele, essere il soggetto della raffigurazione pittorica. Quanto affascina San Michele Arcangelo, con le sue ali spiegate, con quella luce riflessa dall’alto, pronta ad essere emanata poi da egli stesso, con la sua enorme spada in pugno, pronta a difendere tutti, e a combattere contro ogni male.
Due tratti, velocissimi: la spada, simbolo assai “efficace” ed eloquente, e poi, l’episodio dell’Apocalisse che ci riferisce, nel particolare, della lotta tra Michele e satana. Vediamo un po’ la storia. Apocalisse in 12,7, eccola la narrazione della lotta in Cielo, e lui, San Michele, a capo delle schiere angeliche di Dio Trinità. Egli riceve il compito di scacciare il drago, ovvero Lucifero che, una volta depravatosi nell’intelligenza e sfigurato nell’aspetto, diviene satana e, con un terzo degli angeli ormai ribelli, viene precipitato sulla terra e inghiottito al di sotto di essa. Si legge, parlando del drago-lucifero-stana: “La sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra”.
Ed è proprio su questo particolare passaggio dell’Apocalisse che prende vita, diciamo così, la leggenda della cosiddetta “Linea di San Michele Arcangelo”: una misteriosa linea immaginaria che unisce sette monasteri. Ben sette santuari tutti consacrati a San Michele Arcangelo, tutti lontanissimi tra loro, ma che risultano straordinariamente in perfetto allineamento fra loro, partendo dall’Irlanda alla Palestina, passando per Inghilterra, Francia, Italia e Grecia. Questa “linea sacra”, secondo la leggenda, è stata “prodotta” dal colpo di spada che il santo inflisse al diavolo per rimandarlo all’inferno. Tra l’altro, importante ricordarlo, i tre siti più importanti, quello di Mont Saint Michel in Francia, la Sacra di San Michele in val di Susa e il santuario di Monte Sant’Angelo nel Gargano, sono tutti allineati alla stessa distanza. Cosa sicuramente alquanto insolita, non c’è che da dubitare.
Vediamo un po’ quali sono, allora, questi sette importanti siti: Skellig Michael, in Irlanda; St Michael’s Mount in Cornovaglia (Inghilterra); Mont Saint Michel in Normandia (Francia); poi ci sono le due località italiane, la Sacra di San Michele in Val di Susa (Piemonte) e il monte Sant’Angelo nel Gargano (Puglia); l’isola di Symi nel Dodecaneso (Grecia) e, infine, il monastero di San Michele, ad Haifa (Palestina) sul Monte Carmelo.
Certamente, questa sorta di “viaggio del bene” (definiamolo un attimo così) che vede coinvolti questi territori che, a primo acchito sembrano così differenti per conformazione geografica e “storia locale”, fa rimanere di sorpresa qualsiasi persona, anche la più scettica. E, se dovessimo vedere “la questione”, sotto il profilo scientifico-geografico, difficilmente potremmo dare delle spiegazioni che trovano nella scienza, un significato plausibile.
Ma, proprio per questo motivo, a maggior ragione, ci viene in mente una delle frasi più conosciute del Premio Nobel per la Fisica nel 1984, Carlo Rubbia, sullo “strano” rapporto Natura (ciò che si vede e che scientificamente è possibile provare) e Ciò che non si vede ma che a quella stessa Natura sembra aver dato una logica: “La natura è costruita in maniera tale che non c’è dubbio che non possa esser costruita così per un caso. Più uno studia i fenomeni della natura, più si convince profondamente di ciò. Esistono delle leggi naturali di una profondità e di una bellezza incredibili. Non si può pensare che tutto ciò si riduca ad un accumulo di molecole”. Certamente fa riflettere che tale affermazione sia stata pronunciata da uno scienziato “d.o.c”, per giunta arrivato all’apice del “cursus honorum” della carriera scientifica.
Ma, ritorniamo ai luoghi di questo “speciale” che “San Francesco, patrono d’Italia” ha pensato per i propri lettori. Il primo luogo della linea di san Michele, avremo modo di approfondirlo nella prossima puntata; così come per quelli italiani ed Haifa, ultimi “anelli di congiunzione” della misteriosa linea, in quelle ancora successive.
Ma prima di partire per l’Irlanda, facciamo sosta in Francia, sulla costa della Normandia. Abbiamo scelto, per la sua più che suggestiva posizione, per la sua affascinante struttura architettonica e naturale, uno dei più famosi siti della famigerata “linea”: monte Saint Michel in Normandia. E’ davvero sorprendente trovarsi davanti a questoisolotto situato presso la costa settentrionale della Francia, dove sfocia il fiume Couesnon. Un primo oratorio dedicato a Santo Stefano, fu costruito nel IV secolo, e sorse a mezza altezza del monte. A questo, ne seguì un secondo, posto ai piedi della roccia, questa volta dedicato a San Sinforiano. Vegliavano su questo luogo, alcuni eremiti, sotto la tutela del curato di Astériac, della cittadina della Manica francese, chiamata Beauvoir. Nel 966, è la volta di una nuova abbazia, questa volta benedettina. Durante la guerra dei cent'anni, nel 1423, l’abbazia “tenne testa” agli inglesi, che assediavano Saint-Michel, rimasto fedele al re di Francia. Per ben undici anni, il monte resistette agli inglesi. Fino a quando, nel 1434, l’esercito anglosassone, si ritirò definitivamente. Questo, fu l’assedio più lungo di tutto il Medio Evo. Ma un’altra particolarità è legata al suo nome, e questa volta non c’entra nulla la Storia, bensì la Natura. Infatti, la baia del Mont-Saint-Michel è teatro delle più grandi maree d'Europa continentale. Alcuni giorni dell'anno si prestano maggiormente per osservare il fenomeno. Non appena il coefficiente di marea supera 110, il Mont ridiventa un'isola nel giro di poche ore. L’acqua ricopre il guado sommergibile e la rocca rimane senza accesso al continente, fino a quando la marea nuovamente discende, e l’affascinante luogo ridiventa l’isolotto che era prima.
Antonio Tarallo
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