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Pentecoste, Italia e radici cristiane. Italia e tradizioni popolari

Lo Spirito Santo, si sa, è – praticamente – il protagonista della festa

di Antonio Tarallo
Credit Foto - Avvenire

Italia, e radici cristiane. Italia e tradizioni popolari, in cui la religiosità e la fede si mischiano in un equilibrio tutto particolare, tutto nostrano. La Pentecoste si affermò come ricorrenza da festeggiare a partire dal IV secolo dopo Cristo, e fin dal Medioevo entrarono in uso alcune celebrazioni che avevano il compito di ricordare la discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa di Dio dopo la resurrezione di Cristo. Lo Spirito Santo, si sa, è – praticamente – il protagonista della festa, ma non ha certo una raffigurazione corporea. Viene simboleggiato, allora, di solito, con una colomba, o con delle fiamme di fuoco. Molti quadri, molte rappresentazioni figurative rappresentano così la famosa scena del secondo capitolo degli Atti degli Apostoli. Da questa iconografia, nasce la tradizione – presso le chiese – di far cadere dei petali di rosa. Proprio da quest’usanza, venne l’altra denominazione diffusa della Pentecoste, quella di “Pasqua rosata”. In Italia si chiama anche “Pasqua rossa”, per via del colore dei paramenti sacri usati dai sacerdoti nella funzione liturgica.

Alcune tradizioni popolari più importanti

Alcune cerimonie, nella nostra penisola, sono molto suggestive. Non c’è dubbio.

Ad Orvieto, ad esempio, fin dall’epoca medievale, viene celebrata la festa detta “della palombella”. La discesa della colomba bianca sulla bellissima piazza del Duomo, nel giorno di Pentecoste, risale addirittura al lontano 1404, per volontà della nobile famiglia dei Monaldeschi e, da allora, si ripete ininterrottamente.  Il cinquantesimo giorno dopo Pasqua, a mezzogiorno, una colomba bianca “spicca il volo” da un pannello raffigurante l'Empireo e, percorrendo – lungo una corda metallica – una delle più note vie della città, Via Maitani, raggiunge la rappresentazione del Cenacolo, allestito sul sagrato del Duomo. Se il suo percorso è lineare, l’anno sarà buono. Anticamente la colomba veniva lasciata libera di volare all’interno della Cattedrale.

In Sicilia, a Gangi, la Festa di Pentecoste si festeggia nella giornata di lunedì con una solenne processione in cui vengono fatte sfilare per le vie della cittadina ben quaranta statue di santi. E’ davvero una festa altamente suggestiva, scenografica, una “macchina barocca” affascinante. Il corteo parte dalla chiesa madre, la cattedrale, e raggiunge il santuario dello Spirito Santo dove nello spiazzale antistante si svolge la cosiddetta “cursa e i miracula di santi” per rendere omaggio alla terza persona della Trinità. Teatro della festa è l’intera cittadina, tutte le chiese sono in fermento, dalle “tribunedde” addobbate, alle strade in festa: è il ringraziamento della popolazione ai Santi, è il ringraziamento per il dono dello Spirito Santo, ricevuto nel giorno di Pentecoste.  Si percorrono le vie del paese, toccando le maggiori chiese da cui si aggiungeranno di volta in volta,   i numerosi simulacri. Le acclamazioni dei portatori si mischiano e si alternano ai rosari. Si invoca il santo portato in processione, si invocano lo Spirito Santo e la Misericordia di Dio. I santi sono condotti all’interno della cosiddetta “Chiesa Madre”. Vengono fatti chinare verso l’immagine dello Spirito Santo. La particolarità della processione sta nel fatto che le varie statue sono portate a spalla alcune da uomini, altre da donne – se la il simulacro rappresenta una santa, come santa Rita, ad esempio – altre ancora da ragazzi (nel caso della statua di San Michele), alcune da ragazze (vedi Sant’Anna). Alcune perfino dai bambini, come nel caso di  San Liggiuzzu. Simbolica, la fiaccolata che la sera antecedente la processione, conduce l’immagine dello Spirito Santo.

Roma, capitale della Cristianità.

“La pioggia cadeva fitta dall’oculus gli dei erano fuggiti, i re di marmo nelle loro tombe. Ho visto l’uomo attraversare il sipario delle grandi acque, venire al mondo tra le lacrime. Cristo è risorto nella Roma    eterna – eterna pagana”. Così lo scrittore e biblista, padre Jean Pierre Sonnet, ci descrive il suggestivo evento che si ripete a Roma, da anni, della cascata di petali di rose al Pantheon, nel giorno di Pentecoste. Molte sono le leggende e i misteri che da secoli avvolgono la storia del Pantheon, e tante sono state e continuano ad essere le interpretazioni del famoso oculus, occhio in italiano, la cavità posta in cima alla cupola che, come un vero e proprio occhio, è rivolta verso l’alto, forse allo scopo di mettere in comunicazione la terra con il cielo, aprendo un varco tra queste due dimensioni. I petali di rosso sgargiante sono introdotti dal corpo dei Vigili del Fuoco per poi discendere sui fedeli, curiosi e turisti.



Antonio Tarallo

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