Franco Cardini
Francesco sempre, mai e superstar
Francesco sempre, Francesco mai. Francesco superstar. Francesco per tutte le stagioni. Che il Povero d’Assisi piaccia a tutti può solo consolare, specie in questo mondo nel quale, a giudicar da come ci si vive, egli dovrebb’essere quasi unanimemente irriso e disprezzato. Meglio così.
Tuttavia, c’è un limite a tutto. E’ comprensibile che egli sia invocato protettore e perfino prototipo di ecologisti, animalisti, naturisti eccetera; ma in tale simpatìa, va detto, si cela un grave equivoco. Che difatti di tanto in tanto riemerge sotto forma di velato disappunto, di perplessità sottintesa. Perché, ci si chiede ad esempio, Francesco non cita mai specificamente nessun animale nel Cantico delle Creature? Perché accanto agli astri, agli elementi empedoclei (fuoco, aria, acqua, terra), agli uomini e alla morte, nemmeno un verso dedicato ad uccelli, a quadrupedi, a pesci?
E’ ovvio che si possa obiettare che gli animali fanno, come le piante e i fiori, parte del creato e dei quattro elementi. Ma il punto non è questo.
Il fatto è che molti vorrebbero far leva sui vari episodi cronistici o leggendari che vedono Francesco impegnato in atti e gesti d’amore nei confronti di tortore, falchi, agnelli, lupi, pesci e perfino vermi per proclamarne una “fraternità” assoluta, per così dire fisiopsichica, rispetto all’uomo: e quindi in ultima analisi magari un’omogeneità universale di tutte le forme dell’essere.
A dissipare tale equivoco, non si può non sottolineare, appunto, un dato obiettivo: Francesco loda e invita a lodare Dio per (e lasciamo qui da parte il senso, molto arduo e sottile, di questa preposizione) tutte le sue creature. Non dimentichiamo che, se ci sono le creature, c’è un Creatore. Con ciò, egli si situa in una posizione precisa: niente universo eterno come avrebbe voluto Aristotele, senza dubbio, ma anche niente panteismo, niente natura deificata, niente senso immanente della divinità. Dio è appunto “altissimo, “onnipotente”. Nel dettato del Cantico, la distanza tra Creatore e creature appare immensa, incolmabile: egli è “Signore”, non è nemmeno detto “Padre”. Solo il Suo amore può superare tale distanza. Ma l’uomo, secondo l’insegnamento del Genesi ribadito nei Vangeli, è la creatura privilegiata, che dando un nome alle creature ne sancisce il legittimo controllo. In questo senso c’è un’enorme distanza tra uomo e animali; e il ruolo umano nel creato è speciale. Qui, la differenza rispetto a forme varie di panteismo non meno che a induismo, buddhismo e new age è netta e inequivocabile. Non dimentichiamolo. Al di là di paragoni semplicistici e superficiali, Francesco non si presta a sincretismi.
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