Edoardo Scognamiglio
IL MONDO COME SACRAMENTO
“Casa comune”, “sorella” e “madre bella” sono tre immagini con le quali papa Francesco presenta il pianeta Terra nella lettera enciclica Laudatosi’. Attingendo a piene mani dal Cantico di frate sole o delle creature di Francesco d’Assisi e dalla stessa spiritualità francescana – di cui si fece promotore il dottore serafico Bonaventura da Bagnoregio –, Bergoglio ha accolto il grido di questa sorella che protesta per il male che le provochiamo a motivo «dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei» .
In questa enciclica, egli si propone «di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune» . E, quasi certamente, la parola “dialogo” è tra i termini che più ricorrono in questo documento. Infatti, se ne parla in queste forme: «entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune» (n. 3); «rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta» (n. 14); «ampie linee di dialogo e di azione che coinvolgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale» (n. 15); «La vera sapienza, frutto della riflessione, del dialogo e dell’incontro generoso fra le persone, non si acquisisce con una mera accumulazione di dati che finisce per saturare e confondere, in una specie di inquinamento mentale» (n. 47); «Fra questi estremi, la riflessione dovrebbe identificare possibili scenari futuri, perché non c’è un’unica via di soluzione. Questo lascerebbe spazio a una varietà di apporti che potrebbero entrare in dialogo in vista di risposte integrali» (n. 60); «la scienza e la religione, che forniscono approcci diversi alla realtà, possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe» (n. 62); «la Chiesa cattolica è aperta al dialogo con il pensiero filosofico, e ciò le permette di produrre varie sintesi tra fede e ragione» (n. 63); «anche se questa Enciclica si apre a un dialogo con tutti per cercare insieme cammini di liberazione, voglio mostrare fin dall’inizio come le convinzioni di fede offrano ai cristiani, e in parte anche ad altri credenti, motivazioni alte per prendersi cura della natura e dei fratelli e sorelle più fragili» (n. 64); «Ognuno di noi dispone in sé di un’identità personale in grado di entrare in dialogo con gli altri e con Dio stesso» (n. 81); «Lo stesso cristianesimo, mantenendosi fedele alla sua identità e al tesoro di verità che ha ricevuto da Gesù Cristo, sempre si ripensa e si riesprime nel dialogo con le nuove situazioni storiche, lasciando sbocciare così la sua perenne novità» (n. 121); «proviamo ora a delineare dei grandi percorsi di dialogo che ci aiutino ad uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando» (n. 163); «La previsione dell’impatto ambientale delle iniziative imprenditoriali e dei progetti richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo» (n. 182); «Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita» (n. 189); «Abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi» (n. 197); «La maggior parte degli abitanti del pianeta si dichiarano credenti, e questo dovrebbe spingere le religioni ad entrare in un dialogo tra loro orientato alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità. È indispensabile anche un dialogo tra le stesse scienze, dato che ognuna è solita chiudersi nei limiti del proprio linguaggio, e la specializzazione tende a diventare isolamento e assolutizzazione del proprio sapere. Questo impedisce di affrontare in modo adeguato i problemi dell’ambiente. Ugualmente si rende necessario un dialogo aperto e rispettoso tra i diversi movimenti ecologisti, fra i quali non mancano le lotte ideologiche. La gravità della crisi ecologica esige da noi tutti di pensare al bene comune e di andare avanti sulla via del dialogo che richiede pazienza, ascesi e generosità, ricordando sempre che “la realtà è superiore all’idea”» (n. 201).
1. Il cuore ferito dell’uomo e il gemito della Terra
Il peccato dell’uomo – il cuore ferito di ciascuno di noi – ha lasciato dei segni indelebili nell’ambiente che ci circonda, provocando una sorta di malattia cosmica: aria, acqua, suolo, terra ed essere viventi sono in qualche modo contaminati dal male. Tutta la creazione è in gemito e soffre le doglie del parto e continuerà a gemere sino alla redenzione piena del mondo (cf. Rm 8,22). Eppure, l’umanità intera è chiamata a custodire nel migliore dei modi la natura con la quale è in simbiosi, riconoscendo la profonda relazione – non solo esistenziale e biologica, bensì ontologica – con tutte le creature del nostro Pianeta. Siamo, in qualche modo, per usare un linguaggio dei nostri tempi, tutti “inter-connessi”, in una relazione profonda che mette assieme la vocazione dell’uomo – voluto dall’Onnipotente e bon Signore a sua immagine e somiglianza – e il destino del mondo. Fiori e piante, semi e foglie, uccelli e pesci, animali selvaggi e domestici, alberi e frutti, sabbia e zolle, luce, aria e pietre, stelle e pianeti, fuoco e calore, acqua e grandine, polvere e vento, insieme a ogni altro essere vivente (animale, vegetale e minerale), portano i segni dell’amore di Dio e hanno per inciso, nel proprio Dna, il sigillo della Trinità.
La natura è il grande codice o libro nel quale Dio ha lasciato le sue vestigia inconfondibili . Spetta a ciascuno di noi riscoprire la profonda interdipendenza tra tutte le creature e la vera vocazione dell’uomo secondo il progetto di Dio nella creazione. Perché il mondo «è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode» . Secondo questa prospettiva, per intendere il mondo non è sufficiente guardarlo: è necessario entrare in dialogo con il suo autore, lasciandosi stupire, senza pretendere di venire a capo di quel mistero. La responsabilità dell’uomo nel mondo influisce non soltanto sulla società, ma anche sull’intera creazione.
Papa Francesco sembra essere in sintonia con quanto affermò, il 24 gennaio 2002, ad Assisi, Chef AmadouGasseto della religione tradizionale africana, nella sua testimonianza per la pace: «Quando non c’è la pace tra gli uomini non c’è neanche la pace fra il resto della creazione e l’uomo. Le stagioni sono sovvertite e la terra non produce più le sementi per dare il nutrimento all’uomo. Ma quando gli uomini lavorano per la pace in una nazione, la loro terra diventa ubertosa e il bestiame si moltiplica per il maggior benessere dell'uomo. Questa è una legge della natura che proviene dal Creatore, che ha legato il destino della creazione alla responsabilità dell’uomo. Pertanto è una buona cosa invitare ogni anno gli uomini a cambiare il cuore, rinunciando all’odio, alla violenza, all’ingiustizia. I responsabili delle religioni nel mondo non dovrebbero dimenticare, né trascurare questa consuetudine. Si tratta di riparare il male che è stato fatto contro la creazione per colpa dell’uomo, chiedere perdono agli spiriti tutelari delle zone che sono state toccate dalla violenza e dal male commesso dall’uomo e domandare perdono, celebrare sacrifici riparatori e purificatori al fine di restaurare la pace. Io sono convinto che questa purificazione della natura è di capitale importanza per riportare la pace tra gli uomini e il resto della creazione» .
2. L’oikumene
La Terra è la nostra casa comune, quell’oikumene che è sintetizzata in noi come microcosmo e che si riflette in ogni traccia visibile e invisibile della materia e del macrocosmo. Adamo è polvere rossa (cf. Gen 2,7) ed è, per sua natura e vocazione, un essere vivente della terra e il plenipotenziario di Jhwh chiamato a “custodire nel bene” le cose che Dio stesso ha creato. La Bibbia offre una visione spazializzata della persona umana: guarda alla storia di Adamo e di Eva sempre in un contesto ambientale e sociale ben preciso. La nostra vocazione è orientata a realizzare, nella libertà, il progetto di Dio e determina (nel bene o nel male), il destino del mondo. C’è il bisogno di realizzare un uso equilibrato e giusto dei beni della terra e di favorire un retto modo d’agire, di pensare, di essere, di produrre. Niente di questo mondo può essere indifferente alla nostra vocazione . Il mondo è come un grande sacramento di comunione che permette di sperimentare l’amore e la bontà di Dio per noi e per il prossimo e, per questo, rende responsabili ogni persona davanti ai problemi ambientali e alla crisi ecologica globale, per il futuro dell’umanità e già delle prossime generazioni.
Il destino di questo mondo dipende dalla riscoperta della nostra vocazione originaria e dall’uso responsabile dei beni e delle risorse del Pianeta. Siamo interdipendenti in un ecosistema che mal sopporta l’agire sfrenato della tecnica e della scienza, dei consumi e di un tipo di produzione che impoverisce le risorse del Pianeta. Per dirla con le parole di san Bonaventura, il mondo è come un libro rimasto occultato, ossia morto e cancellato (deletus et cancellatus) che non siamo più in grado di leggere e d’intendere, inclini a esaltare le tracce del progresso – ossia del nostro passaggio – e non i segni del gesto creativo di Dio. Il creato è diventato solo oggetto di ricerca razionale e scientifica, tecnica e utilitaristica, ai fini della sua manipolazione e di uno sfruttamento selvaggio, diventato semplicemente il mondo della ragione scientifica e tecnologica. Abbiamo dimenticato che «tutto il mondo è ombra, via, vestigio, ed è il libro scritto di fuori» . Vi è in atto un certo oscuramento della nostra intelligenza che non permette più di cogliere i segni della bontà di Dio nel creato. Questo oscuramento può essere superato solo immettendo la ragione in quel cono di luce che è l’incarnazione del Verbo. Solo attraverso tale evento può avvenire il ristabilimento dell’ordine originario . La causa dell’alienazione e dello smarrimento dell’uomo è la perdita dell’amore (charitas) che Cristo ha riportato nel mondo. Una visione esclusivamente scientista e tecnicistica del mondo non può salvarci perché non è in grado di esprimere la verità dell’uomo e di favorire alla sua piena realizzazione!
3. L’etica del dono e dello stupore
Attingendo a piene mani dalla teologia ortodossa, e citando direttamente alcuni messaggi del patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, papa Francesco invita ogni cristiano a riconoscere i peccati contro la creazione. L’uomo, infatti, è in grado di distruggere la diversità biologica che Dio ha voluto nella creazione stessa, così come compromette l’integrità della terra e altera il clima, spogliando la terra delle sue foreste naturali o distruggendo le sue zone umide. L’inquinamento dell’acqua e dell’aria e l’impoverimento del suolo sono veri e propri peccati che non possiamo sottovalutare in alcun modo. «Perché “un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio”» .
Le soluzioni per i problemi ambientali non sono da ricercare solo nella tecnica ma anche e soprattutto in un cambiamento di stile e di mentalità dell’essere umano, in un vero e proprio processo di conversione ecologica che permette di passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere, in un’ascesi che significa imparare a dare e non semplicemente a rinunciare. È necessario imparare a sviluppare l’etica del dono(o della gratuità) e dello stupore: siamo venuti al mondo, abbiamo visto la luce, perché Dio ci ha pensati e voluti liberamente. Potevamo anche non esserci. Dunque, se esistiamo, se respiriamo e viviamo, è perché Dio ci ha voluto, ossia pensati e amati. Così,sull’esempio del Poverello, ogni nostro gesto, qualsiasi atto d’amore e di comunione che saremo in grado di realizzare, anche quello più piccolo e fragile non è mai insignificante, non si perde, e sarà una magnifica lode a quell’Onnipotente e Bon Signore che ha creato il cielo e la terra e che in Gesù, Verbo eterno fatto carne, si è dato per sempre un volto umano, il volto più bello tra tutti i figli dell’uomo!
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