Edoardo Scognamiglio
Miriam e la luce del Risorto
A Maria di Magdala è affidato il compito di annunciare ai discepoli che Gesù, il Maestro, è risorto dai morti e sale al Padre. A questa donna, liberata dal male, Gesù, il Vivente, si era manifestato ancor prima di mostrarsi ai discepoli (cf. Gv 20,17). Chi è la Maddalena? A lei papa Francesco ha dedicato la catechesi del 17 maggio, presentandola come apostola della speranza. Donna dai non facili entusiasmi, testarda, perché non si convince della scomparsa del suo Signore, Maria di Magdala soffre doppiamente: anzitutto per la morte di Gesù, e poi per l’inspiegabile scomparsa del suo corpo. La sua esistenza cambia nel momento in cui Gesù, il Risorto, la chiama per nome: “Maria!”. È la rivoluzione della sua vita perché il Signore l’ha incontrata personalmente, sorprendendola, destando in lei stupore e meraviglia. Maria vorrebbe abbracciare il suo Signore, forse si sarà buttata ai suoi piedi per baciarli, ma lui è ormai orientato al Padre celeste, mentre lei è inviata a portare l’annuncio ai fratelli. «E così quella donna», commenta papa Francesco, «che prima di incontrare Gesù era in balìa del maligno (cf. Lc 8,2), ora è diventata apostola della nuova e più grande speranza». La speranza è Cristo stesso risorto dai morti; è avere la certezza che nulla è più come prima. Gesù risorto ci viene incontro e resta per sempre con noi, divenendo la luce sul nostro cammino, quella stella che non conosce tramonto. Fare Pasqua è lasciarsi sorprendere dall’amore di Dio che sembra ci cambia la vita! Il famoso poeta libanese Khalil Gibran, nel suo noto romanzo Gesù, il Figlio dell’uomo, ove diversi personaggi (reali e immaginosi) parlano con Gesù, dedica a Maria di Magdala ben tre brevi capitoli, ove racconta l’amore di questa donna per il suo Maestro. Maria è completamente avvinta dalla bellezza del volto di Gesù, rapita dal suo sguardo lucente, dagli occhi trasparenti, splendenti, dal passo spedito e silenzioso di Gesù, fino a contemplarlo per la sua bellezza divina. Attratta dalla luce del Maestro, di lui dice: «Morendo, Gesù di Nazareth ha sconfitto la morte e ha risuscitato dal Sepolcro la forza dello Spirito. Egli ha illuminato la nostra solitudine, e ha colmato di sé i giardini del nostro mistico dolore» (K. GIBRAN, Gesù, il Figlio dell’uomo, in ID., Tutte le poesie e i racconti, Ed. Newton, Roma 1993, p. 213). Precedentemente, ripensando all’incontro avuto con Gesù per strada, al quale chiese di entrare in casa sua, di lui ricorda il diniego che le cambiò la vita: «Non ora, non ora le disse. E in quelle due parole udii la voce del mare, e la voce del vento e degli alberi, udii. Quando le pronunciò, dentro di me la vita parlò alla morte […]. Ero posseduta, maledetta. Ma quando l’aurora che era nei suoi occhi guardò nei miei, tutte le stelle della mia notte si dissolsero: e io fui Miriam, solo Miriam, una donna che si era perduta in una terra he le era nota e che ora stava ritrovando se stessa in luoghi che non aveva mai visto […]. Non lo sapevo, ma quel giorno il tramonto che era nei suoi occhi uccise in me il serpente, e io divenni una donna. Io divenni Miriam, Miriam di Majdel» (ivi 125-126). L’incontro con Gesù risorto ci fa essere semplicemente noi stessi: la sua luce illumina la nostra storia e la riporta al suo significato originario, a quell’amore divino che segretamente abita dentro di noi e che dà senso a tutto quello che siamo e facciamo. È questo il mistero della Pasqua, la nostra vera speranza: germi di luce e di bene che fioriscono in noi, per sempre.
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